Undici anni dopo (leggi l’intervista del 2012 qui) torna a parlare con ItaliaChiamaItalia. Salha Soso Ashtewi, originaria di Bengasi, formatasi politicamente e culturalmente a Parigi, fu uno dei simboli della rivoluzione libica.
Già leader del movimento “17 febbraio” (data che segnò l’inizio della rivoluzione libica nel 2011) e a lungo rappresentante libica all’Unesco, traccia oggi un bilancio amaro della situazione attuale.
Per prima cosa mi sembra doveroso chiederti un bilancio delle inondazioni che hanno colpito la Libia in questi giorni
La tempesta Daniel ha avuto effetti devastanti. Siamo di fronte ad una calamità di dimensioni epiche. Si contano 20 mila morti e oltre 30 mila sfollati, e sono oltre diecimila i dispersi. La situazione della città di Derna è catastrofica, il 25% della città è scomparso, i corpi giacciono ovunque, nel cimitero ci sono quasi mille morti accatastati in attesa di sepoltura. L’acqua è salita fino a toccare i tre metri travolgendo tutto. Fortunatamente la comunità internazionale ci è giunta prontamente in soccorso.
Torniamo a ritroso nel tempo e ripercorriamo quanto accaduto nel 2011. Cosa accadde esattamente e cosa successe una volta deposto Gheddafi?
Nel 2011 il Nord Africa fu investito da rivoluzioni conosciute come “primavere arabe”. C’erano rivolte ovunque. In Libia la repressione di Gheddafi fu brutale. Le rivolte erano cominciate a Bengasi, la seconda città della Libia, da sempre in conflitto con Tripoli. Le cose si misero subito male poiché l’esercito ricevette l’ordine di respingere i manifestanti sparando ad altezza d’uomo. Ci furono decine di morti. La rivolta si estese a Misrata, la terza città del paese. Gheddafi dichiarò alla televisione libica che i manifestanti sarebbero stati puniti con la pena di morte. In meno di due settimane ci furono oltre mille morti.
Obama fu il primo a dichiarare che Gheddafi doveva andarsene. Eravamo alla fine di febbraio del 2011. L’opinione pubblica internazionale era scandalizzata dalla brutalità di Gheddafi che assassinava il suo popolo. Sarkozy, a questo punto, chiese che Gheddafi fosse giudicato da un tribunale penale internazionale. Ad aggravare la situazione ci fu la decisione di Gheddafi di utilizzare l’artiglieria pesante e l’aviazione contro i manifestanti promettendo milioni di morti. Sarkozy e Cameron organizzarono la risposta diplomatica dell’Europa. Nessuno voleva la guerra ma non si poteva restare indifferenti di fronte ai massacri perpetrati. La nascita di una vera opposizione libica unita, credibile, strutturata intorno al Consiglio nazionale per la transizione, presieduto da Moustafa Abdel Jalil, fece pendere definitivamente la bilancia a favore dei rivoltosi.
Il 19 marzo 2011 ci fu un summit a Parigi tra venti capi di stato e il segretario generale dell’Onu mentre le forze armate di Gheddafi erano giunte alle porte di Bengasi e si preparavano ad effettuare un massacro. Anche i paesi arabi e la Russia abbandonarono Gheddafi. L’operazione di liberazione della Libia iniziò sotto l’egida delle nazioni unite lo stesso giorno con l’intervento di venti aerei militari francesi. L’intervento delle Nazioni Unite, con la Francia in prima linea, impedì a Gheddafi di continuare i massacri e salvò molte vite umane di civili innocenti. La Libia fu liberata da Gheddafi. Seguirono delle elezioni legislative che videro la vittoria dei democratici sugli islamisti. L’intervento in Libia non ebbe nulla a che vedere con la guerra in Irak voluta unilateralmente da George Bush. L’intervento in Libia fu deliberato dall’Onu.
Ma dopo la caduta di Gheddafi la Libia fu abbandonata al suo destino…
Purtroppo fu così. I primi ad abbandonarci furono i francesi; Sarkozy, che era stato acclamato come l’eroe della liberazione libica, perse le elezioni nel 2012 e il suo successore Hollande mostrò totale indifferenza alle sorti del nostro paese. La comunità internazionale ci abbandonò al nostro destino e da allora la Libia è divisa fra due governi rivali. La capitale Tripoli ed il nord ovest del paese sono controllati dal governo di unità nazionale. Il governo di Tripoli è riconosciuto a livello internazionale ed occupa il seggio della Libia alle Nazioni Unite e all’Unione Africana. L’est del paese e vaste zone della Libia centrale sono invece sotto l’autorità della Camera dei Rappresentanti. Il paese è diviso, malgovernato, in balia della corruzione. Frequenti gli abusi dei diritti sui cittadini libici e sui migranti.
Il giornalista italiano Nello Scavo sul giornale Avvenire ha denunciato, a proposito di abusi sui migranti, le crudeltà compiute dal comandante Bija grazie anche a cospicui fondi elargiti via Tripoli da Roma e Bruxelles. Cosa ci puoi dire?
Purtroppo non è un mistero che ci sono trafficanti di uomini che gestiscono flussi di uomini verso l’Italia che incassano soldi sia per bloccare barconi sia per far fuggire i migranti sui gommoni grazie a vere e proprie estorsioni. Possono sparare sulle navi dei migranti come possono facilitarne il viaggio in base ai soldi ricevuti dal miglior offerente. Si tratta di crimini contro l’umanità che dovrebbero essere sanzionati dalle corti penali internazionali ma al momento tutto tace.
Oltre ai migranti immagino che le vere vittime siano le donne
Le donne sono le vere vittime di questa situazione. La rivoluzione libica rappresenta un paradosso di genere, in quanto furono le protagoniste della rivoluzione salvo poi ritrovarsi nel ruolo di vittime. La guerra civile libica ha lasciato dietro di sé una generazione di donne traumatizzate, vedove, rifugiate, orfane. Hanno perso mariti, figli, genitori. Hanno subito ogni genere di violenza sia fisica che psicologica. Molte sono state vendute in cambio di soldi e costrette a fare commercio del proprio corpo. Gli episodi di stupri, violenze, frustate ed uccisioni non si contano. Oggi si trovano ad affrontare limitazioni agli spostamenti e sono sempre esposte a rapimenti, sparizioni ed uccisioni. Le donne libiche hanno bisogno di sicurezza che non si otterrà senza la smilitarizzazione delle milizie e la traduzione in giustizia dei criminali responsabili di queste barbarie. L’Onu nel 2021 ha denunciato le discriminazioni e le violenze di genere in Libia. Gli estremisti hanno anche lanciato una campagna contro la parità di genere.
Per concludere, qual è il tuo sguardo per l’avvenire?
Sono stata la rappresentante libica all’Unesco ma poi ho dovuto lasciare l’incarico per un profondo dissenso con i nuovi padroni della Libia e per la corruzione dilagante. Continuo la mia campagna di sensibilizzazione sugli organi di stampa francesi e spero che la comunità internazionale ci venga in aiuto.