Mattia Lupini, Vice Capo Missione dell’Ambasciata d’Italia a Santo Domingo, è di fatto il numero due dell’Ambasciatore, come spiega lui stesso in questa bella intervista che ha voluto rilasciare ad Azzurro Caribe, periodico degli italiani di Centro America e Caraibi, l’unico giornale italiano presente in Repubblica Dominicana.
Lupini – che nel corso di questi anni si è distinto per l’impegno e la responsabilità con cui ha portato avanti il suo ruolo – racconta ad Azzurro le sue prime impressioni sulla Repubblica Dominicana, racconta di una comunità italiana vivace e spiega qual è stato il suo lavoro in RD dal punto di vista istituzionale.
L’intervista è a cura del direttore di Azzurro Caribe, Ricky Filosa.
Caro Mattia, da italiano che per lavoro viaggia il mondo, quali impressioni ti ha fatto all’inizio la RD?
Un caso della vita ha voluto che il primo paese che visitai fuori dall’Europa, alla fine degli anni ‘90 con la mia famiglia, fosse proprio la Repubblica Dominicana. Conservo ancora nella memoria quei ricordi: l’arrivo e le alte temperature nonostante l’inverno, la vegetazione così rigogliosa e diversa da quella europea, le spiagge bellissime, il villaggio-vacanza… Tutto ciò che un ragazzo pre-adolescente potesse desiderare in una vacanza!
Sono le stesse impressioni che hai avuto tornandoci dopo anni?
Ho ritrovato una Repubblica Dominicana molto diversa ovviamente, dopo oltre 20 anni: l’ho trovata, al mio arrivo, in un momento di transizione politica, con le elezioni che si avvicinavano e un cambio di governo che quasi tutti davano per certo. Poi la pandemia ha complicato tutto, specialmente per noi che abbiamo dovuto affrontare per primi il caso del signore italiano contagiato.
L’inizio del nuovo anno ti vedrà a Barcellona, nel ruolo di Console al Consolato Generale di quella importante e bellissima città europea. Con quali sentimenti lasci la RD e ti prepari alla nuova avventura?
Lascio un Paese giovane, ricco di speranze, operoso ed orgoglioso; lascio una generazione di dominicani che vuole fare la differenza e creare opportunità di vita e lavoro sull’isola, senza dover per forza emigrare; lascio una collettività italiana in crescita, vivace, che – contro ogni pronostico, lo devo ammettere – ricorderò più per le soddisfazioni, per gli scambi fruttuosi e per la vicinanza che per i problemi di varia natura ai quali magari abbiamo provato a far fronte.
Cosa ti mancherà di più della RD e cosa non ti mancherà affatto?
Mi mancherà certamente il calore dei dominicani, la loro naturale propensione e attitudine positiva verso l’Italia, i bellissimi paesaggi che ho visto e conosciuto qui ed il clima mite e favorevole quasi tutto l’anno. Mi mancherà anche la squadra che abbiamo costruito in Ambasciata, oltre a tutti gli amici e colleghi con cui mi sono confrontato e che lascio a malincuore.
Cosa non mi mancherà? Il traffico di Santo Domingo, senza alcun dubbio, e anche la stagione ciclonica: questi due aspetti sicuramente non li rimpiangerò a Barcellona, dove dal prossimo anno andrò a ricoprire le funzioni di Console al Consolato Generale.
Sulla tua esperienza a livello istituzionale, vorresti gentilmente prima di tutto spiegare ai lettori di Azzurro Caribe qual è il ruolo di un Vice Capo missione? Di cosa si occupa, qual è la sua giornata tipo? Quali i suoi doveri e quali le sue responsabilità?
Il Vice Capo Missione di un’Ambasciata è a tutti gli effetti il numero due dell’Ambasciatore: lo sostituisce quando si assenta dal Paese e, in generale, svolge funzioni di raccordo e coordinamento in Ambasciata, tra i vari Uffici.
Nel mio caso specifico, trattandosi di un’Ambasciata piccola e con poco personale, mi sono occupato nei miei quattro anni delle mansioni più varie e diverse: dallo sbrigare tutte le incombenze amministrative che riguardano il funzionamento dell’Ambasciata, all’ideazione e organizzazione delle feste nazionali in piazza, ad esempio, sempre in stretto coordinamento e direzione dell’Ambasciatore e con la collaborazione degli altri – pochi – collaboratori in Ambasciata.
Mi sono occupato di questioni commerciali, culturali, amministrative, anche consolari a volte, ho rappresentato l’Italia nelle riunioni periodiche di coordinamento con gli amici europei e comunque tutte le volte che l’Ambasciatore non potesse partecipare a qualche occasione.
Devo dire che per qualcuno come me che mal sopporta il lavoro ripetitivo e abitudinario, è un ruolo che ho molto apprezzato e che mi ha permesso, da un lato, di non annoiarmi mai, e dall’altro di partecipare praticamente a tutti gli aspetti della “vita” dell’Ambasciata, delle sue dinamiche e del suo funzionamento profondo. La mia giornata tipo è, quindi, “da contratto” imprevedibile a priori.
Quali sono state le principali difficoltà all’inizio? E cosa ti lascia questa esperienza?
Sicuramente la difficoltà principale che ho incontrato ha riguardato lo scoppio della pandemia e la “messa in moto” della macchina dell’Ambasciata per individuare i connazionali qui presenti, non sempre registrati, e cercare di trovare soluzioni – anche fantasiose – alle richieste di rimpatrio, in un periodo storico caratterizzato dalla mancanza generalizzata di voli e dall’erronea aspettativa che fosse lo Stato, e quindi l’Ambasciata, a doversi far carico di queste spese.
Quel periodo è stato molto faticoso: siamo stati una delle poche Ambasciate aperte e ricordo ancora l’angoscia, da italiano e da bergamasco, nell’ascoltare le cronache nostrane, ricevendo quasi quotidianamente telefonate dalla mia famiglia e dai miei cari, sperando che tutto andasse per il meglio in un momento storico di incertezza e paura. Ecco, quel periodo vorrei volentieri dimenticarlo e sono contento di essercelo lasciato alle spalle.
Questi quattro anni, in compenso, mi lasciano tantissimo sia dal punto di vista umano sia professionale: ho conosciuto tantissimi connazionali, amici dell’Italia, amici dominicani e haitiani che amano il nostro Paese e ne ammirano la storia, la cultura e la vivacità.
Sono contento, soprattutto dopo la pandemia, di aver potuto viaggiare praticamente per tutto il Paese, scambiando opinioni con connazionali ai quattro angoli della Dominicana, da Dajabon a Las Galeras, da Punta Cana a Pedernales e poi Santiago, Las Terrenas, Puerto Plata, Boca Chica, La Romana e Bayahibe. È davvero pazzesco come una – anche sparuta – comunità italiana sia presente in quasi ogni angolo del Paese, portando avanti e conservando cultura e tradizioni, oltre ad attività imprenditoriali molto spesso di successo.
Vorrei concludere ringraziando veramente di cuore tutte le persone con le quali mi sono interfacciato in questi anni, con la speranza di aver lasciato un ricordo positivo, ma soprattutto professionale, di me e dell’Italia, che mi onoro di rappresentare ogni giorno nel mondo al meglio delle mie capacità e possibilità.
Grazie infine anche ad Azzurro Caribe per lo spazio che mi ha voluto dedicare e per la sempre attenta valorizzazione delle iniziative promosse dall’Ambasciata. Davvero grazie di cuore e a presto!