Nel dibattito politico che ruota intorno al mondo degli italiani all’estero continua a tenere banco il caso Londra: nella capitale UK, infatti, il Consolato generale d’Italia ha stretto un accordo con i patronati italiani presenti in terra inglese per quanto riguarda il rinnovo del passaporto.
Sul tema, Italiachiamaitalia.it ha già detto la sua e ha poi raccolte le opinioni di Michele Schiavone, Segretario generale del CGIE, e del Sen. Andrea Crisanti, Pd, eletto nella ripartizione estera Europa.
Oggi, sul tema, sentiamo Mariano Gazzola, vicesegretario generale CGIE per l’America Latina e coordinatore MAIE, il quale ha già espresso la sua opinione in una recente conferenza stampa organizzata dal CGIE a cui anche Italiachiamaitalia.it ha partecipato. Tuttavia, abbiamo pensato di approfondire, anche alla luce delle recenti dichiarazioni di Schiavone e Crisanti.
“Ho letto sia le dichiarazioni del Segretario CGIE che del senatore Pd. Devo dire di essere più vicino alla posizione di Schiavone”, dichiara Gazzola a colloquio con il nostro quotidiano online. Per l’esponente di punta del Movimento Associativo Italiani all’Estero “non è giusto né utile che un Consolato agisca autonomamente, scavalcando iniziative che sta studiando il Ministero”. Ricordando che i Consolati fanno parte della Pubblica Amministrazione, “devono coordinarsi con tutti i propri uffici per erogare uguali servizi a tutti i cittadini, ovunque essi risiedano”.
Per il vicesegretario CGIE “prima di intervenire su un tema che evidentemente non conosce, il Sen. Crisanti farebbe meglio a consultare non solo il Segretario generale del CGIE, ma anche i Consiglieri locali dello stesso Consiglio e i Presidenti dei Comites. Ricorrere alla collaborazione di terzi per rendere più agevoli i servizi consolari deve essere una decisione politica”.
Nel caso di Londra, per esempio, dovrebbero essere presi in considerazione “prima di tutto i viceconsoli, i consoli onorari, i corrispondenti consolati, tutti incardinati nella struttura Consolare, e poi i Comites, che rappresentano e conoscono la comunità. Senza dimenticare, certamente, i patronati e le associazioni, ma sempre dentro una convenzione generale”.
Come ItaliaChiamaItalia ci chiediamo se esista o meno un problema di privacy; del resto, i patronati occupandosi degli appuntamenti dei connazionali sono di fatto autorizzati a raccogliere dati sensibili – email, telefono, whatsapp, domicilio -, dati che potrebbero poi utilizzare in campagna elettorale, canalizzando la propaganda a favore di questo o quel partito…
“Sì, probabilmente esiste un problema di privacy”, risponde Gazzola, che prosegue: “Proprio per questo occorre una convenzione preparata dagli uffici competenti; discussa con gli interessati e con la rappresentanza della comunità. E deve essere una decisione presa dal responsabile politico, con il sostegno tecnico dell’Amministrazione e dell’autorità di garanzia; non certo un’iniziativa individuale”.
Secondo le info che abbiamo raccolto direttamente dalla Farnesina, il Console di Londra avrebbe davvero agito in autonomia… “La realtà ci dice che spesso ogni consolato si organizza come può. Spesso, soprattutto in America Latina, una stessa pratica viene fatta in un modo presso un Consolato e in altro modo presso il Consolato più vicino. La situazione della rete consolare, sia per mancanza di risorse, sia soprattutto per carenza di una conduzione politica, oggi è così fragile che sembra di essere tornati al medioevo, con il Console feudatario del proprio feudo, spesso costretto a creare autonomamente le proprie regole per cercare di mettere un argine alle difficoltà dovute a una rete consolare al collasso”.
Quali misure intende prendere il MAIE per porre fine a una situazione poco chiara come quella che si è creata col caso di Londra? “Prima di tutto ci aspettiamo un chiarimento su quando successo da parte del ministero. Ciò è fondamentale. Poi ci auguriamo che il nuovo CGIE si possa insediare quanto prima, perché quello è l’ambito in cui Governo e Ministero devono discutere della politica per i servizi consolari con la rappresentanza delle comunità (CGIE, Comites e parlamentari eletti all’estero). Come MAIE stiamo lavorando a una serie di proposte, che presenteremo nelle sedi opportune”.
Un’ultima battuta sul voto all’estero. Qualcuno, nel centrodestra, penso a Roberto Menia (Fdi) o a Salvatore De Meo (Fi), propone dei collegi blindati, un po’ come in Italia, anche oltre confine, eliminando così le preferenze. Potrebbe essere una delle soluzioni da mettere in campo per cercare di riformare e migliorare il voto degli italiani nel mondo?
“Mettere in sicurezza il voto all’estero ha a che vedere con altro. In tutti i sistemi elettorali, l’elettore riceve il materiale elettorale (e diventa custode e responsabile di esso) solo dopo aver manifestato la volontà di votare. Nelle elezioni nei seggi, il cittadino manifesta la sua volontà di votare recandosi al seggio e presentandosi al Presidente del seggio: solo lì, chi di dovere (il presidente, il segretario o uno degli scrutatori del seggio) gli consegna la scheda per votare, così il cittadino diventa elettore. Nel nostro sistema, invece, senza che abbia manifestato nulla, un giorno il postino consegna al cittadino (o a un coabitante, o al portinaio del palazzo) il plico. E’ chiaro che se a questo cittadino non interessano per nulla le elezioni, quale cura si prenderà del plico? La mal chiamata inversione dell’opzione, che in verità è una manifestazione di volontà di votare, potrebbe essere una soluzione. Ma c’è davvero voglia di discutere di questo o ci conformiamo con delle proposte che servono più a soddisfare necessità di qualche segreteria di partito?”.