Caro direttore,
Un articolo apparso di recente su “Italia Chiama Italia” a firma di Marco Testa richiama l’attenzione su un argomento che e’ di vitale importanza per l’esistenza stessa dei Comitati per gli Italiani all’Estero (COMITES), Comitati i cui consigli sono stati rinnovati nello scorso Dicembre, ma che, senza un necessario rinnovamento e adeguamento, rischiano di soffocare nella totale indifferenza di chi da questi organismi dovrebbe sentirsi rappresentato, come dimostra la scarsissima partecipazione al voto registrata in occasione delle elezioni.
Il punto e’ questo: come si concilia il ComItEs, ente italiano istituito e regolato dalla legislazione italiana e ComItEs, ente che deve operare in uno stato estero ed e’ soggetto quindi alle leggi di un ordinamento diverso da quello italiano ?
Concordo con Testa nel dire che la questione e’ diventata col passare degli anni sempre piu’ importante, in quanto con la riduzione dei fondi statali a disposizione dei ComItEs, questi ultimi sono stati indirizzati dal MAECI ad adoperarsi per “un più frequente ricorso alle altre fonti di finanziamento previste dalla legge,” come ad esempio “eventuali contributi disposti dai Paesi ove hanno sede i Comitati o dai privati” orientando i ComItEs verso un sistema di responsabilità personale dei membri, senza prevedere una personalità giuridica separata per l’ente. Da cio’ potrebbe discendere che da un comportamento non corretto del Presidente o del Tesoriere, possano essere chiamati a rispondere tutti i componenti del Consiglio.
Secondo Marco Testa, “e’ essenziale che la questione del rapporto tra ComItEs “ente italiano” e ComItEs “ente soggetto alle leggi dello stato estero in cui opera” venga presa in seria considerazione da ogni neo eletto ComItEs”.
E’ chiaro che i Dirigenti del Ministero preferiscano evitare di impelagarsi in questioni di conflitto tra l’ordinamento italiano e l’ordinamento dello stato estero ospitante, ma cio’ non puo’ far venir meno l’esigenza che le conseguenze di eventuali conflitti di questo tipo non ricadano personalmente e direttamente sui componenti eletti dei ComItEs.
E’ vero che molti ComItEs, nelle prime riunioni dei consigli convocate dopo l’elezione di Dicembre, hanno posto all’o.d.g. l’argomento “regolamento del ComItEs”, ma cio’ significa solo che c’e’ una presa di coscienza della rilevanza del problema da parte dei neoeletti; quello che manca e’ a mio parere una decisa presa in carico del problema da parte delle Autorita’ Italiane.
Deve essere lo Stato Italiano a trovare la soluzione del problema, con precise linee guida dirette non solo ai ComItEs, ma con precise istruzioni operative dirette alle singole Autorita’ Consolari.
I ComItEs, in quanto istituiti e regolati da leggi Italiane e costituiti da cittadini Italiani (sia pure residenti all’estero) non possono non essere considerati soggetti di diritto pubblico italiano. Essi operano all’estero, e’ vero, ma non per questo debbono perdere l’ombrello protettivo dell’essere un organo dello Stato Italiano, per declassarsi al rango di mere associazioni private di diritto locale.
Nei Paesi dell’Unione Europea ritengo che sia piu’ facile ottenere per i ComItEs un trattamento unitario come “organismi rappresentativi di cittadini di uno Stato dell’Unione”. Nei Paesi extra-UE si dovra’ procedere sulla base di Accordi diplomatici con i singoli Stati. In un caso e nell’altro il cammino e’ lungo, sempre ammesso che qualcuno (il MAECI) lo voglia percorrere.
Una soluzione pratica e di attuazione immediata potrebbe essere quella di stipulare una polizza assicurativa per la responsabilita’ civile dei componenti dei ComItEs. Dovrebbe essere il MAECI a provvedere alla bisogna con relativa spesa a carico del proprio bilancio. La polizza dovrebbe coprire i casi di responsabilita’ civile dei consiglieri ComItEs, con esclusione dei casi di dolo o colpa grave.
Aldo Rovito – Presidente Associazione Identità Italiana – Italiani all’estero