Per noi italiani all’estero la parola e il concetto di “patria” hanno sempre evocato il fortissimo legame con l’Italia, un legame che – lo abbiamo detto o sentito dire tante volte – a volte è vivo e presente tra coloro che vivono lontano dal nostro Paese con una maggiore profondità di quello di chi continua a vivere all’interno dei confini nazionali.
La parola “patria”, infatti, è carica di una componente emotiva evidente, deriva dalla lingua latina e vuole letteralmente dire “la terra dei padri”, con una chiara accezione affettiva e non solo formale o geografica.
Nel corso dei secoli, e soprattutto durante la pagina più buia della storia d’Italia, la parola “patria” è stata distorta, ossia utilizzata in maniera impropria, con una caratterizzazione etnica imposta da un regime autoritario.
Oggi, fortunatamente, stiamo tornando ad usare questo termine in maniera appropriata e nel pieno spirito costituzionale; lo dimostra chiaramente il discorso che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha rivolto “a chi si trova in Italia e agli italiani che sono all’estero”.
Il Presidente non parla di “nazione” ma di “patria”, anzi di patriottismo. E, riferendosi a quanti amano l’Italia pur non essendo nati in Italia dice che “«è patriottismo (anche) quello di chi, con origini in altri Paesi, ama l’Italia, ne fa propri i valori costituzionali e le leggi, ne vive appieno la quotidianità, e con il suo lavoro e con la sua sensibilità ne diventa parte e contribuisce ad arricchire la nostra comunità».
A commento di queste parole, il politologo Sergio Fabbrini, Direttore della LUISS di Roma, ha scritto che “non è la pelle bianca o la fede cattolica o la conoscenza di Dante che ci rende italiani. Siamo italiani perché onoriamo i valori costituzionali e la legalità repubblicana, rispettando la dignità di ogni persona che vive nel nostro Paese, a prescindere dalle sue caratteristiche fisiche e culturali”.
Sono parole che potremmo tranquillamente estendere a milioni di italiani nel mondo e in particolare alle generazioni di italiani nati all’estero da genitori di origine italiana. È in altre parole il concetto di “italicità” al quale lo stesso Presidente Mattarella si è riferito in più occasioni, accomunando le nostre grandi collettività italiane all’estero con le sempre più numerose comunità di stranieri immigrate in Italia.
Un concetto che io ho in alcune occasioni definito “cittadinanza universale”, fondata appunto più sull’appartenenza e sul riconoscimento di valori linguistici, sociali e culturali che su criteri e definizioni asettiche e automatiche.
È di questa nuova Italia e di questi “patrioti” che abbiamo bisogno, per contrastare allo stesso tempo l’insorgere o la recrudescenza di un nazionalismo stupido e ottuso ma anche la tenaglia dell’inverno demografico che con lo spopolamento delle aree interne sta decretando la morte annunciata di un Paese che ha una necessità disperata di nuove risorse umane.
Il generale francese Charles De Gaulle amava dire che «il patriottismo è l’amore per il proprio paese, il nazionalismo è l’odio per gli altri paesi».
Alcune recenti scelte del governo italiano si sono incomprensibilmente accanite in uguale misura contro emigrati e immigrati, confermando una visione tendenzialmente “nazionalista” e non “patriottica” dello Stato.
Speriamo che questo atteggiamento, che oltre ad essere sbagliato è soprattutto dannoso (se non masochista), possa cambiare prima che sia troppo tardi; lo speriamo nell’interesse dell’Italia e del futuro della nostra patria.
*deputato Pd eletto all’estero