“L’insicurezza stravolge i significati e avvelena la fiducia”. (Graham Greene)
“Chi perde denaro, perde molto; chi perde un amico, perde molto di più; chi perde la fiducia in se stesso, perde tutto”. (Eleanor Anne Roosevelt)
“Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”. (Lucio Anneo Seneca)
“L’insicurezza dell’essere umano è parte integrante della sua natura e della sua disperazione”. (Thomas Bernhard, scrittore e giornalista tedesco)
DAMILANO DIRETTORE DELL’ESPRESSO
La mancanza di fiducia in se stessi è un handicap per i nostri figli e nipoti. Lo penso da molto tempo, ma oggi – per parlarne – prendo spunto dall’editoriale che Marco Damilano ha pubblicato in occasione della sua nomina a direttore dell’Espresso.
UN TALENTO PROMETTENTE
Vero è che sono difficili, e insidiosi, gli articoli con cui un giornalista si presenta, o si congeda, come direttore: la retorica è dietro l’angolo. Ricordo di aver conosciuto Damilano alcuni anni fa, in una concitata trasmissione di Gad Lerner (se non sbaglio, quella famosa puntata in cui Berlusconi telefonò in diretta per dirne quattro al conduttore e per invitare Iva Zanicchi ad andarsene). Già allora si vedeva che il cronista dell’Espresso, intelligente e pacato, aveva un promettente talento.
UN ARTICOLO DELUDENTE
Ma ora, diventato direttore, sotto un titolo pretenzioso, “Il nostro racconto dal Paese di domani”, il suo primo articolo è deludente. Basta dire che propone un’infinità di citazioni dei più diversi personaggi: tra gli altri, Claudio Rinaldi e Giulio Anselmi, Giampaolo Pansa e Edmondo Berselli, la Juventus e Lucio Battisti, l’Ulivo e Romano Prodi, Marcello Mastroianni e Federico Fellini, Aldo Moro ed Eugenio Scalfari (tre volte!) ovviamente, Angela Merkel ed Emanuel Macron, non potevano mancare Trump e Putin, ma anche Ivano Fossati e Fabrizio De André; e altri ancora.
“L’ITALIA MIGLIORE”…
E che diavolo! Una banalità dietro l’altra. Con la conclusione che “resta l’urgenza di dare voce e spazio all’Italia migliore… come sempre”. Sempre?! È una fissazione da sempre, é vero, quella di pur interessanti giornali radical chic, di individuare l’Italia migliore. A volte con scelte indiscutibili, a volte poco persuasive. E fino a quando. Dispiace rilevarlo, ma oggi L’Espresso, testata storica del nostro giornalismo, non ha più una distribuzione autonoma: è ormai un supplemento di Repubblica. Leggerò L’Espresso fin quando sarà stampato. E spero che saremo tanti, ancora. Ma ha senso – da parte del neo direttore – lanciare proclami per il futuro?
PRUDENZA E RETORICA
Tanto più che il proclama arriva a conclusione di due pagine che Damilano ha scritto attenendosi in modo perfino imbarazzante a prudenza, soggezione, retorica. Aggrappandosi a quelle decine di citazioni. Perché? Mi è sembrato di intravedere una esagerata insicurezza: chiedo scusa al neo direttore se la mia è un’impressione sbagliata. Verificheremo nelle prossime settimane! Comunque, se avessi ragione, non è un problema – psicologico, esistenziale – solo di Damilano. I nostri figli, i nostri nipoti non sanno osare: questo è ciò che penso. E certamente è anche colpa nostra. E la nostra società non a caso sprofonda giorno dopo giorno in una palude di esitazioni e incertezze. Approfondiremo, se volete, un’altra volta.
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