L’unica terapia possibile per un rilancio dell’insegnamento della lingua italiana nel mondo "è una terapia conoscitiva", ovvero "dobbiamo chiederci innanzitutto qual è la domanda reale di italiano sulle tre macroaree" che possiamo individuare nel mondo: "dove ci sono gli italiani, dove l’italiano è un lusso e infine dove si usa l’italiano per lavoro". Le parole sono quelle del professor Paolo Balboni, presidente del Centro linguistico di ateneo e direttore del Centro di ricerca sulla didattica delle lingue dell’università Ca’ Foscari, ascoltato dal Comitato per le questioni degli italiani all’estero nell’ambito di una indagine conoscitiva sullo stato di diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo.
Secondo Balboni la situazione non è di per sé drammatica: "Le cose da fare ci sono, quello che manca è una comunicazione idonea, ma anche per quello ci vorrebbe poco, e soprattutto sapere dove vogliamo andare". Dunque "la terapia è sapere quale è la richiesta" mentre troppo spesso quello dell’insegnamento dell’italiano all’estero "è un mondo che noi ignoriamo completamente, anche quando facciamo le assegnazioni dei 600 insegnanti o degli investimenti che mandiamo alle università". Ad esempio, prosegue Balboni, bisognerebbe tenere presente che "tanti corsi delle legge 153 hanno 4 italiani iscritti ufficialmente, i dipartimenti perdono studenti, mentre nelle stesse università i corsi di italiani scoppiano".
Il direttore del Centro di ricerca sulla didattica delle lingue dell’università Ca’ Foscari ricorda poi che "tempo fa mi chiesero al Mae se si poteva fare uno screening di valutazione delle varie scuole, lo abbiamo fatto, è online e le scuole se vogliono possono auto-valutarsi. Ma l’idea era quella di entrare in una logica di performance, un sistema per cui oggi ti do questo, se non ti aggiorni oggi l’anno prossimo ti tolgo il 10%, quello successivo ti tolgo ancora, e così via…".
Un altro punto su cui focalizzarsi, secondo Balboni, è capire ‘cosa’ si deve insegnare. "Noi spesso partiamo dai punti di arrivo. Vogliamo insegnare Dante, Petrarca, Boccaccio. Ma gli studenti vogliono innanzitutto imparare a parlare italiano" dal momento che i giovani, come Balboni stesso ha avuto modo di dire anche recentemente, raramente colgono il valore psicologico, culturale delle lingue, sono orientati verso la lingua come strumento pragmatico di comunicazione. Ma se proprio si vuole affiancare la cultura all’insegnamento della lingua, ebbene: "Quest’anno la Dante Alighieri ha finalmente capito quanto conta la canzone italiana: al festival di Vina del Mar in Cile sono 4 anni che vince una canzone italiana, quando è morto Pavarotti la Cnn ha interrotto le trasmissioni, in Pretty Woman che non è certo un’opera culturale di alto target c’è la Traviata e tutti la riconoscono". Passa anche da qui, la diffusione della lingua e della cultura italiana all’estero.
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