La vicenda delle liberalizzazioni del servizio Taxi sta avendo l’effetto contrario allo spirito della legge che disciplina quell’attività. Secondo la legge n. 21/92, infatti, “il servizio di taxi ha lo scopo di soddisfare le esigenze del trasporto individuale o di piccoli gruppi di persone; si rivolge ad una utenza indifferenziata”. Ripartiamo da qui per capire che cosa dev’essere fatto. Se la funzione del servizio è soddisfare le esigenze dell’utenza, si può davvero credere che limitare il numero delle licenze sia il modo migliore per farlo? La realtà dei fatti, visto che quella stessa legge lo consente, ci dice che si è creato un perverso meccanismo secondo il quale il trasferimento della licenza è divenuto il fulcro della vicenda. I tassinari fanno sentire la loro voce non per garantire all’utenza il miglior servizio, come vorrebbe la legge, ma per difendere quel privilegio che gli consente di lucrare, ahinoi legittimamente, su un interesse pubblico. In perfetto stile corporativo.
Se poi si pensa che perfino gli eredi del tassista possono guadagnare sulla sua licenza, si comprenderà la paradossalità della situazione.
Bisogna avere il coraggio di fare scelte che rimettano al centro dell’attenzione chi, secondo quella legge, dovrebbe essere favorito: il consumatore. Ed allora il Governo Monti, come per altre ben più ricche corporazioni (farmacie, notai, banche, settore autostrade, ecc.), abbia il coraggio di effettuare una rivoluzione copernicana. Basterebbe dire che le licenze possono essere accordate, in qualsiasi momento e senza limitazioni numeriche e territoriali, a tutti coloro che posseggono i requisiti atti a garantire la sicurezza dei trasportati. Sarà poi il mercato a stabilire quanti tassisti devono esserci in Italia. E’ troppo difficile? Certo, qualcuno resterà deluso, ma non può essere altrimenti.
Alessandro Gallucci, legale Aduc*
*Associazione per i diritti degli utenti e consumatori
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