Dopo ieri sera, con l’attacco israeliano nella capitale libanese, cercano il più possibile di rimanere in casa o comunque in luoghi sicuri, in attesa dell’eventuale chiamata dell’ambasciata per essere evacuati. Perché per gli italiani di Beirut l’escalation non è più solo una possibilità, si avvicina una certezza.
I piani dell’Unità di crisi della Farnesina — scrive il Corriere della Sera — sono aggiornati di continuo.
«La situazione è difficile, l’ambasciata d’Italia non ci ha ancora comunicato che l’evacuazione dal Libano è imminente, ma siamo preparati al peggio», conferma Valentina Corona, capo missione di Intersos, l’organizzazione umanitaria internazionale con sede a Roma che, fra le sue iniziative, ha anche quella di assistere la popolazione nel Libano meridionale, i profughi siriani e, dall’ottobre scorso, i circa 98 mila abitanti residenti nei villaggi di confine sfollati dopo l’attacco di Hamas a Israele e la successiva invasione di Gaza.
In parte ospitati a Tiro in strutture messe a disposizione dal governo libanese.
«Dopo il lancio dei missili iraniani su Israele — sottolinea Corona, a capo di 300 volontari fra i quali 7 connazionali, ora tutti a Beirut parlando con il Corriere della Sera —, è il momento peggiore da quando siamo qui. A seconda di ciò che ora accadrà, non lasceremo tutti il Libano».