Angelino Alfano lo ripete ad ogni occasione: la Lega e’ un interlocutore importante e ‘riteniamo non interrotto il rapporto con loro’. Certo, la tempesta giudiziaria che ha colpito il Carroccio e le dimissioni da segretario Umberto Bossi aprono una serie di interrogativi nel Popolo della Liberta’ sui rapporti con gli ex alleati. A questo punto, e’ il ragionamento che si fa a via dell’Umilta’, le amministrative diventano un appuntamento ancora piu’ importante per ‘testare’ la tenuta dei Lumbard, ma anche nell’ottica delle future intese da costruire in vista delle elezioni politiche del 2013. Nessuno nel Pdl azzarda pronostici sulle alleanze e gli assetti che assumeranno i partiti da qui alla fine della legislatura. ‘Sapere oggi cosa accadra’ in futuro e’ molto difficile. ‘Bisogna vedere la Lega che connotazione si dara”, spiega ad esempio l’ex ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini. E sono proprio le ‘mosse’ della Lega l’incognita a cui il Popolo della Liberta’ guarda con attenzione. La fazione piu’ cinica dei pidiellini spera che la ‘batosta’ che ha colpito i Lumbard possa avere come effetto immediato un travaso di voti al Nord verso il Pdl. L’idea infatti che un Carroccio in difficolta’ possa essere meno concorrenziale per il partito di Alfano non dispiace a quanti a via dell’Umilta’ guardano con preoccupazione alle elezioni amministrative soprattutto nei comuni del Nord. Un ragionamento controbilanciato da chi invece, sondaggi alla mano, non nasconde lo scetticismo per gli ipotetici vantaggi che il Pdl possa trarre dal caos delle camicie verdi: al massimo – e’ la convinzione – sale la percentuale dell’astensionismo o dell’antipolitica.
A pesare, sopratutto in chiave 2013, e’ poi l’incognita’ del successore del Senatur. In pole position resterebbe sempre saldo Roberto Maroni e i dirigenti pidiellini si interrogano proprio sulle ‘mosse’ dell’ex ministro degli Interni.
Se nel partito tutti sottolineano gli ottimi rapporti tra lo stesso Maroni ed Alfano, sull’idea di una ricomposizione di un asse, la cautela e’ comunque d’obbligo. L’ex ministro dell’Interno, osservano in molti, ha sempre avuto dei buoni rapporti con esponenti di primo piano del centrosinistra. E c’e’ anche chi, sopratutto tra i piu’ maliziosi ex Fi, quelli della prima ora, ricostruisce un episodio di cui fu protagonista Maroni. Era il 1994, ricordano alcuni dirigenti azzurri, e l’allora titolare del Viminale, firmo’ il famoso decreto Biondi (il provvedimento presentato dal Guardasigilli che faceva evitare il carcere in via cautelare per i crimini di corruzione) per poi dire di essere stato ‘imbrogliato’ dagli alleati.
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