Bisogna dar atto all’Europa del suo costante e gravoso impegno di regista per accelerare le riforme italiane; il Presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, ha deciso di inviare un gruppo di esperti per sollecitare la riforma del mercato del lavoro. Ma la crescita contrapposta ai licenziamenti, è la leva per uscire dalla crisi?
E’ noto a tutti che i problemi della crescita economica e del debito pubblico sono imputabili anche all’inefficienza della Pubblica amministrazione, allo sperpero dei denari dei contribuenti e alla corruzione, che negli anni e grazie a un mal costume diffuso, ha raggiunto dimensioni elefantiache. Lungi da noi fare polemiche sterili sui soliti luoghi comuni, però è vero che il rendimento nelle perfomance della PA e dei suoi dipendenti, nel quadro macro economico, raggiungono i minimi storici.
Questo succede in un Paese che, piuttosto di promuovere la cultura d’impresa, ha alimentato le aspettative del “posto fisso”; pensate che il numero degli statali ammonta a circa 3 milioni e che l’esubero è stimato in 330mila unità. A dimostrazione di quanto sia cresciuto il clientelismo e che non sempre, pur avendo un esercito di impiegati, la cosa pubblica sia gestita in maniera adeguata. Se la macchina statale non funziona regolarmente, si rischia una frammentazione dei servizi, l’illegalità e la corruzione, con notevoli ricadute negative sugli investimenti pubblici e privati.
Al momento i politici e sindacati sono concentrati sui licenziamenti per motivi economici, gli imprenditori hanno iniziato una campagna contro i presunti fannulloni, perdendo di vista che il freno dell’economia italiana e il costante decremento del PIL, risiede in una gestione pubblica che disattende i principi economici e produttivi di azienda verso la piena pianificazione del customer satisfaction: se la globalizzazione spinge gli imprenditori ad accelerare attraverso la mobilità e la flessibilità del lavoro i processi produttivi, l’organizzazione dell’azienda pubblica deve perseguire gli stessi obiettivi del sistema sopracitato, in riferimento alla qualità percepita dalle imprese per il servizio erogato.
Non è un mistero che in Italia è difficile fare impresa, la conflittualità dichiarata dalle imprese riguarda l’insostenibilità del fisco e della burocrazia; le criticità maggiori sono percepite in ordine ai tempi di attesa, alla competenza, alla presenza negli uffici, agli orari e tempi di apertura. Le inadempienze si traducono in costi elevati, dato le ore da impiegare per chiudere le pratiche in pendenza. Nell’era di internet, le imprese hanno bisogno di innovazioni tecnologiche per interagire con la PA, attraverso una piattaforma di servizi on-line. La relazione che esiste tra l’impresa e la pubblica amministrazione è la stessa che lega l’impresa al cliente, per cui l’autoreferenzialità deprime la produzione industriale e rallenta la regolare esecuzione delle pratiche amministrative. La corsa verso le riforme per ammodernare il Paese dovrebbe partire dalle inerzie del management pubblico, come quella intrapresa da Brunetta: la riduzione del deficit pubblico, l’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza, un virtuoso percorso di semplificazione di procedure e regole e la valutazione e il ricorso qualora non siano rispettati gli standard citati.
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