Care democratiche, cari democratici, sto seguendo con grande interesse ed attenzione il dibattito che si è avviato nel nostro partito in preparazione del congresso. Non si sta parlando solamente di regole. Molti documenti sono stati pubblicati (12 aprile “Il PD che vorrei” di Fabrizio Barca; 28 aprile “Documento dei dissidenti PD firmato da Civati e Puppato; 12 giugno “Fare PD” dei bersaniani; 19 giugno “Note per il congresso del PD” di Alfredo Reichlin) e tante le interviste dei candidati ufficiali alla Segreteria nazionale del PD a cominciare da Gianni Pittella e Gianni Cuperlo. Prendo in considerazione, in particolar modo, il materiale che ho individuato in una prima ricerca nella rete, non essendo in condizione di seguire attentamente la carta stampata. A questo dobbiamo aggiungere tutti gli interventi e dichiarazioni di Matteo Renzi, che ancora non ha deciso se candidarsi oppure no alla Segreteria nazionale del Partito democratico.
Il documento dei “dissidenti” guidati da Pippo Civati e Laura Puppato, è stato pubblicato all’indomani dell’insediamento del governo di Enrico Letta. E’ il tentativo di caratterizzarsi nel PD come area critica pur “senza creare l’ennesima corrente perché siamo convinti – si legge – che le correnti e i gruppi di potere siano stati il principale problema del nostro partito e della nostra azione parlamentare”. Il documento cosiddetto dei bersaniani, che ha tra le firme il sottosegretario all’economia Stefano Fassina, contiene una dura requisitoria contro il leaderismo e contro la “deriva in senso personalistico del PD”. In sintesi il documento propone di “Fare il PD per ricostruire la democrazia italiana nel cuore del processo di formazione dell’Europa federale”. In coerenza con lo spirito federale, propone una riforma organizzativa del partito in senso federale sia per quanto riguarda le risorse finanziarie sia per la formazione degli organismi dirigenti.
Più elaborati e maggiormente tesi ad una strategia di lungo periodo, i documenti di Fabrizio Barca e Alfredo Reichlin: ministro del governo Monti e figlio di un prestigioso intellettuale del PCI il primo, giornalista e politico, sempre del PCI, il secondo. Fabrizio Barca ha scelto di andare a discutere nei circoli il suo documento dal titolo molto chiaro: “Un partito nuovo per un buon governo”. La critica più forte che riserva al PD è la “mancanza di una visione complessiva” e “l’insufficiente partecipazione”. Barca ritiene difficile ma possibile, cambiare il PD. “Il partito nuovo – scrive – sarà rigorosamente separato dallo Stato, sia in termini finanziari (meno finanziamento pubblico) sia organizzandosi in modo da attrarre il contributo di lavoro (volontario o remunerato) di persone di buona volontà”.
La necessità del cambiamento è espressa chiaramente anche da Alfredo Reichlin nelle prime parole del suo documento: “Il problema che sta davanti al Congresso del PD è quello di una svolta. Si tratta del fatto che noi non possiamo continuare a restare così come siamo: un amalgama di culture riformiste ed esperienze di una fase precedente a quella attuale”. Per Reichlin occorre “ridefinire il nuovo campo storico del pensare e dell’agire del PD”.
Gianni Cuperlo nelle sue dichiarazioni ed interviste ha messo sempre l’accento sulla necessità di un “forte investimento senza freni sul progetto del PD senza nessuna nostalgia del passato”. Cuperlo pensa ad un partito retto da un segretario concentrato sull’attività e sulla guida del partito conferendo più poteri agli iscritti. Per Cuperlo “servono leadership autorevoli, ma quella leadership da sola non esaurisce la funzione di soggetto collettivo”.
Gianni Pittella, europarlamentare del Pd e vicepresidente vicario del Parlamento europeo, ha annunciato che la sua candidatura “nasce dagli iscritti e militanti di base di tutte le regioni d’Italia”. Una candidatura che si fonda su tre temi: Europa (“istituzione dove si decide”), Mezzogiorno dell’Italia (“la questione meridionale è stata rimossa”) e Partito (“un partito federale centrato sui territori).
E vengo a Matteo Renzi. Non ha ancora annunciato di candidarsi, ma ha più volte ribadito che ci sta pensando. Renzi ha concorso per la premiership alle primarie dell’inverno scorso. Ecco da dove nasce la sua prudenza. Pur senza aver pubblicato finora alcun documento, le sue idee sono molto note, a partire dallo slogan in auge “Cambiare il PD per cambiare l’Italia”. Renzi pensa ad un “partito innovativo, scattante, agile, e per questo non fragile, che possa conquistare l’Italia per cambiarla”. Concetti riproposti e spiegati nell’intervista rilasciata al giornale tedesco molto conosciuto in tutta Europa “Frankfurter Allgemeine Zeitung”: “Nella situazione nella quale si trova l’Italia i piccoli passi non bastano”.
Nel dibattito complessivamente emerge il bisogno assoluto di imprimere una svolta alla gestione e alla politica del Partito democratico. Però, ecco l’elemento che differenzia Matteo Renzi da tutti gli altri: le sorti del PD e quelle dell’Italia. La maggior parte dei dirigenti e capicorrente pensano ad una separazione delle sorti del PD da quelle dell’Italia. Renzi no. Per Matteo Renzi il Partito democratico serve per cambiare l’Italia altrimenti la sua funzione non ha senso. Io sono d’accordo, perché tenere distinte le sorti del PD da quelle dell’Italia dà l’idea di mancanza di coraggio e paura di osare.
Molti di voi hanno risposto alle prime due newsletter nelle quali ho dichiarato di condividere le idee di Renzi. Alcuni mi hanno criticato, altri sostenuto. Intervenite anche voi, care democratiche e cari democratici dell’ Europa e del PD Mondo. Fatevi sentire. Dopo l’estate inizieranno i congressi nei Circoli e saremo confrontati non tanto sulle leadership, ma sulle idee, sui programmi e sui modelli organizzativi.
*Vicepresidente Assemblea PD Mondo
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