Da mercoledì entra in vigore la riforma del mercato del lavoro con una serie di nuove regole, a partire dalle modifiche all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che cancella il reintegro automatico in caso di licenziamento. Scatteranno cosi’ tante novita’ che investiranno tutto il mondo del lavoro. Anche se qualche modifica al pacchetto, messo a punto dopo una fase di elaborazione partita a inizio anno, arrivera’ con il decreto legge Sviluppo che inserisce novita’ sul fronte flessibilita’ in entrata e ammortizzatori sociali.
Ecco, intanto, i principali aspetti della ‘riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita’, a cui d’ora in poi datori di lavoro e lavoratori dovranno fare riferimento per regolare i loro rapporti. Il testo approvato in via definitiva dal Parlamento il 28 giugno e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 3 luglio prevede:
– UN NUOVO ART.18. Arriva lo stop al reintegro automatico in caso di licenziamento illegittimo per motivi economici (rimane solo nel caso di manifesta insussistenza). Mentre e’ prevista un’indennita’. Resta sempre nullo invece il licenziamento discriminatorio intimato, per esempio, per ragioni di credo politico, fede religiosa o attivita’ sindacale. Nei casi dei licenziamenti disciplinari (giusta causa o giustificato motivo soggettivo) ci sara’ minor discrezionalita’ del giudice nella scelta del reintegro, che sara’ deciso solo sulla base dei casi previsti dai contratti collettivi e non anche della legge. La procedura di conciliazione non pou’ piu’ essere bloccata da una malattia ‘fittizia’ del lavoratore. Uniche eccezioni saranno maternita’ o infortuni sul lavoro.
– INTERVALLI PIU’ LUNGHI PER I CONTRATTI A TEMPO. Il primo rapporto di lavoro a termine che puo’ essere stipulato anche senza la causale (i requisiti per i quali viene richiesto), dura al massimo 12 mesi e non e’ prorogabile. Le pause obbligatorie fra uno e l’altro salgono: devono passare 60 giorni per i rapporti fino a sei mesi e 90 per quelli di durata maggiore. Tuttavia l’emendamento di modifica inserito nel dl sviluppo riduce l’intervallo per i lavoratori stagionali.
– LA NASCITA DELL’ASPI. La nuova assicurazione sociale per l’impiego parte nel 2013 e sostituira’ a regime, nel 2017, l’indennita’ di mobilita’ e le varie indennita’ di disoccupazione. Ne potranno usufruire oltre i lavoratori dipendenti anche gli apprendisti e gli artisti. La contribuzione e’ estesa a tutti i lavoratori che rientrino nell’ambito di applicazione dell’indennita’.L’aliquota sara’ gravata di un ulteriore 1,4% per i lavoratori a termine. Sara’ possibile trasformare l’indennita’ Aspi in liquidazione per poter cosi’ avere un capitale e avviare un’impresa. Perdera’ il sussidio chi dovesse rifiutare un impiego la cui retribuzione sia superiore almeno del 20% rispetto all’indennita’ percepita. L’entrata dell’Aspi pero’, secondo l’emendamento, dovrebbe essere mitigata dalla proroga a tutto il 2014 della mobilita’ con le attuali regole a beneficio degli ultracinquantenni del Centro Nord e per tutta la platea dei lavoratori del Sud. Inoltre le aziende in crisi dovrebbero potere usare la cassa integrazione fino al 2015.
– APPRENDISTATO COME PRINCIPALE CANALE DI ACCESSO AL LAVORO. Nelle intenzioni della riforma questo tipo di contratto diventa quello tipico e piu’ classico per entrare nel mercato. Si ampliano le possibilita’ di utilizzo e il valori formativo. Ma allo stesso tempo arrivano norme piu’ stringenti. In particolare la durata minima del contratto non puo’ essere inferiore a sei mesi (ad eccezione delle attivita’ stagionali).
– ARRIVANO DEI PALETTI PER LE COLLABORAZIONE. Diventa piu’ stringente la definizione del progetto con la limitazione a mansioni non meramente esecutive o ripetitive e aumento dell’aliquota contributiva (ora al 27%) di un punto l’anno fino a raggiungere nel 2018 il 33% previsto per il lavoro dipendente (ma l’emendamento al dl Sviluppo dovrebbe congelare l’adeguamento per il 2013). Lo stipendio minimo dei co.co.co dovra’ poi fare riferimento ai contratti nazionali di lavoro.
– E’ CACCIA ALLE FALSE PARTITE IVA. Secondo la legge sono considerate vere quelle che hanno un reddito annuo lordo dai 18 mila euro in su. Puo’ essere di otto mesi la durata massima delle collaborazioni, mentre il corrispettivo pagato non deve essere superiore all’80% di quello di dipendenti e co.co.co. Il lavoratore non vede inoltre avere una postazione ‘fissa’ in azienda. Secondo le modifiche al dl sviluppo per la verifica dei criteri di veridicita’ delle partite Iva dovranno essere rispettati non piu’ solo un anno ma due.
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