L’Italia è il paese dell’ipocrisia che si sublima in campagna elettorale. Valga ad esempio il no al dibattito in RAI tra la Meloni e la Schlein per la “par condicio” perché non avrebbero visti presenti gli altri candidati.
Intanto fiorisce la polemica, da tempo sollevata dal PD e seguito a ruota dalle altre opposizioni, che da settimane va sostenendo che la RAI è diventata una sorta di “Telemeloni” dando troppo spazio alla premier.
In realtà in RAI ha sempre prevalso nei TG il rapporto “un terzo (del tempo) al governo, un terzo alla maggioranza, un terzo all’opposizione” quest’ultimo ridottosi quando FdI era unico partito ufficialmente all’opposizione di Draghi. Di fatto una situazione che andava benissimo al Partito Democratico quando era al governo, ma che ora va stretta.
Se comunque il PD ha da lamentarsi per la RAI, basterebbe ascoltare le altre TV generalizie per verificare come il sostenere che il mondo delle televisioni sarebbe succube alla Giorgia nazionale è cosa che fa sorridere, ma alla fine anche indignare i suoi supporter, soprattutto in tempi di campagna elettorale dove lo spirito se non la lettera della legge è spudoratamente violato.
Mentre Mediaset – orfana di Berlusconi – è un po’ spenta e defilata, non prendiamoci in giro: i lettori hanno tutti la possibilità di controllare e di valutare già da stasera non tanto i secondi assegnati nei TG alle varie parrocchie, ma come siano trattati i temi di attualità anche e soprattutto nei programmi di intrattenimento, nei talk-show o nei dibattiti dove lo strapotere della sinistra su alcune reti è totale.
Ma vi capita di ascoltare i dibatti di La7, oppure quelli su NOVE, dove non solo la par-condicio è una burla, ma dove la scelta dei conduttori, ospiti, giornalisti, autori, professori e commentatori invitati è, appunto, spudoratamente squilibrata?
Il trucco è semplicemente di non far parlare la Schlein ma i suoi portavoce, oppure dare spazio nelle “rassegne stampa” praticamente solo ai giornali politicamente schierati (a sinistra).
Ascoltate la rassegna stampa de La7 alle 7 (di mattina) dove sono praticamente citati solo La Repubblica e la sua fedele fotocopia La Stampa (o viceversa) con Flavia Fratello che cita le testate di centro destra addirittura ironizzando sui loro titoli. Se non vi basta pensate, sulla stessa rete, a David Parenzo, Gramellini, Telese, Gruber, Cazzullo, Sardoni… tutti conduttori che trasformano ogni dibattito in evidente dis-condicio, eppure questo non solleva alcun commento di AGCOM solo perché ufficialmente i “politici” non ci sono.
Adesso si è aggiunta NOVE dove sono arrivati i vari transfughi RAI da Fazio alla Littizzetto e avanti così.
Il tutto si allarga addirittura ad intere testate (vedi “Rai Storia”) dove tutto ciò che è schierabile è schierato, dalle ricostruzioni storiche sul comunismo alle “ragioni” dei conflitti allo scontato e ripetitivo antifascismo. Perfino l’almanacco quotidiano che ricorda i vari personaggi nati o morti nel giorno è politicamente targato sia nella scelta dei personaggi che nei commenti su di loro.
Nei giorni scorsi ho ascoltato Maurizio Gasparri su La7 tentare una difesa di Toti: letteralmente Parenzo non gli ha lasciato aprire bocca e – appena Gasparri ha potuto esprimere un pensiero compiuto – è stato interrotto per mandare in onda la pubblicità.
Certo le TV commerciali sono gratuite e dipende dalla volontà del teleutente vederle o meno, ma è evidente come non ci sia una informazione o dei commenti super-partes, altro che “Telemeloni”!
Ma attenzione: la “scelta di campo” non è solo di carattere politico-partitico ma su tanti temi, dall’Europa alla politica di gender, dall’attualità alla geopolitica.
Morale: o si ha il coraggio di ammettere che la par-condicio normata così è semplicemente ridicola e va soppressa o dovrebbe essere estesa a tutti i dibattiti informativi, almeno in periodo pre-elettorale, con sanzioni a chi non rispetta le norme.
Visto che siamo in democrazia e ciascuno (ma allora tutti, però) può e deve dire quello che vuole, sia abbia il coraggio di togliere la foglia di fico della forma, smetterla con l’ipocrisia e si ammetta semplicemente la sostanza: l’informativa televisiva è di parte – e se appena può – lo è in termini di sinistra anti-meloniana, oltre che (peggio ancora) anti-Salvini e relativi alleati.