L’autodefinitosi “anarco-capitalista” Javier Milei è stato eletto nuovo presidente dell’Argentina.
La vittoria di Milei su Massa (l’ex ministro dell’economia dato in partenza come favorito al ballottaggio) alla fine è stata netta, ma molto meno chiare sono le prospettive argentine, anche perché il nuovo presidente è abbastanza indecifrabile come effettivo soggetto politico.
E’ sbagliato definirlo di destra o di sinistra: Milei è un misto tra Donald Trump, Bolsonaro e Beppe Grillo, è su posizioni iperliberiste in economia (“aboliamo la banca nazionale e la moneta, rendiamo il dollaro statunitense la valuta nazionale”) ma conservatore nelle scelte etiche (vicino agli spagnoli di Vox, feroce critico di papa Bergoglio) ed ha condotto una campagna elettorale all’insegna di molte contraddizioni e di slogan vulcanici quanto demagogici.
Alla fine ha vinto grazie all’appoggio determinante della terza candidata al primo turno, quella Patricia Bullrich che forse sarebbe stata la scelta più “centrista” e in qualche modo più rassicurante per l’incerto futuro del Paese. Milei ha di fatto accettato i suoi uomini e il suo programma e già questa è una prima contraddizione di fondo che andrà superata.
La gente ha votato Milei soprattutto per disperazione, sperando in un fatto nuovo, uno stacco sul passato. ma sottolineando comunque – almeno nella sua maggioranza – la volontà di uno stop al populismo peronista “di sinistra” di cui Massa appariva come il continuatore.
Un paese in cui il cambio del dollaro varia da 350 a 950 pesos a seconda che si consideri quello ufficiale o quello “nero” (peraltro pubblicato sui giornali) e un cambio con l’Euro crollato del 50% in pochi mesi sottolinea una innegabile verità: ancora una volta l’Argentina è sulla soglia del baratro finanziario, con l’ennesimo fallimento pubblico in vista.
Peraltro il cambio “nero” (che è poi quello reale) un mese fa era oltre 1150 pesos quindi – in qualche modo – la vittoria di Milei è stata vista come il minore dei mali dagli ambienti finanziari.
Javier – urlatore nato, scarmigliato, apparentemente matto scatenato, irrispettoso ed irruente – si è presentato come leader del suo nuovo “partito della motosega” (inteso come chi vorrebbe tagliare corruzione e privilegi) andando in giro fisicamente con l’attrezzo e raccogliendo appunto i voti tra gli argentini delusi, i giovani, i “produttori” rispetto alla sterminata platea di chi vive di soccorso pubblico, ma senza dare – almeno in campagna elettorale – alternative credibili e limitandosi a slogan roboanti. Francamente sembrava un refrain dell’ “apriremo il parlamento come una scatola di tonno” di grillina memoria che è finito come si sa.
Una nazione spaccata in due, perché in Argentina metà paese vive appunto tra sussidi ed elargizioni varie e – francamente – non sembra avere molta voglia di fare sacrifici. Qui c’era lo zoccolo duro dell’elettorato di Massa che era il ministro dell’economia del governo precedente e quindi è stato giudicato, almeno dai ceti produttivi, come il responsabile del fallimento nazionale. I suoi “amici” – fiutata l’aria – negli ultimi giorni sono passati in massa con Milei determinando la sua vittoria.
La situazione economica del paese è infatti il primo problema: nessuno può più permettersi di investire in aziende visto che un esportatore è obbligato poi a vendere in dollari ufficiali e quindi preferisce trasferirsi in Brasile o in Uruguay, ma si campa comunque in qualche modo lavorando e commerciando in “nero” e senza pensare molto al domani, cullandosi nella speranza che comunque qualcuno alla fine ci penserà. Prospera – o almeno sopravvive – chi ha appunto accesso al mercato nero, chi ha esportato capitali e ha il tesoretto all’estero, chi traffica in una condizione di progressiva iperinflazione e dove, chi può, paga in pesos ma vuole dollari in cambio.
Proprio ricorrere ad una iperinflazione programmata potrebbe essere alla fine una strategia per ridurre il peso del pregresso deficit pubblico, ma è evidente che questa mossa sarà comunque attuata mettendo ulteriormente in crisi la sanità, i servizi, i pensionati ed i dipendenti a reddito fisso: un copione già visto che rischierà di portare il paese a tumulti e proteste di piazza anche perché i sindacati (notoriamente corrotti) erano tutti con Massa e non ci staranno certo a perdere il loro potere politico ed elettorale.
L’unica forza per l’Argentina restano e saranno le sue risorse naturali ed agricole (anche se in buona parte ipotecate con i debiti internazionali) con il consueto progressivo ed endemico aumento di differenze sociali nella speranza di non ritrovarsi come vent’anni fa in un nuovo “corralito” (fallimento pubblico) tra turbe di “cartoneros”, le folle di disperati che per mesi hanno campato vivendo di rifiuti e riciclaggio di immondizie.