Per quanto riguarda le attese di un crollo dell’economia russa causata dalle sanzioni occidentali, nessuna speranza mai fu più disattesa.
Più di 100 Paesi nel mondo non hanno alcuna intenzione di applicare le sanzioni euro-americane e Paesi come l’India, il Brasile o la Turchia stanno addirittura approfittandone per far esplodere i volumi delle loro esportazioni.
L’alta tecnologia che noi occidentali ci siamo astenuti dal fornire è oggi in arrivo soprattutto dalla Cina, mentre i beni di consumo arrivano da tutto il mondo. Contemporaneamente, le aziende russe hanno cominciato a produrre in proprio molti di quei generi che prima venivano importati e il PIL russo sta crescendo ogni anno a tassi superiori a quelli europei.
In compenso noi europei importiamo più gas dai certamente non democratici Azerbaigian e Qatar, ma soprattutto dagli Stati Uniti. Dal momento dell’introduzione delle sanzioni contro la Russia, l’Unione Europea ha pagato quasi 200 miliardi di euro in eccesso per l’acquisto di gas naturale mentre, al contrario, gli USA hanno guadagnato ulteriori 53 miliardi di euro fornendo il loro gas liquefatto che è più costoso.
Le nostre economie stanno soffrendo anche per una sconsiderata (e soprattutto ideologica) logica “green” (*) e i soldi che stiamo dando direttamente e indirettamente all’Ucraina sono sottratti ai bilanci interni di ogni Stato membro della UE.
I cittadini europei non sono informati su quanto denaro, in realtà, se ne va per sostenere quel Paese in guerra ma qualche cifra (parziale) siamo in grado di conoscerla. Dopo tutto quello che si è regalato a Kiev negli anni passati, Bruxelles ha concordato all’inizio di quest’anno di stanziare ulteriori 33 miliardi di euro in prestiti (che tutti sanno non potranno mai essere restituiti) e 17 miliardi in sovvenzioni a fondo perduto nell’ambito del programma Ukraine Facility.
Da questo programma Kiev ha già ricevuto due tranche di pre-finanziamento: 4,5 miliardi a marzo, 1,5 miliardi ad aprile e 1,9 miliardi entro fine giugno. Altri seicento milioni arrivano dalla Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo e dalla Banca di Sviluppo del Consiglio d’Europa (altri 100 milioni di euro).
Tutto ciò senza contare i costi che gli Stati europei sopportano per ospitare e mantenere i milioni di profughi ucraini in fuga dalla guerra e dalla coscrizione obbligatoria.
In aggiunta, occorrerebbe calcolare anche quanto costa la manutenzione di edifici e barche sequestrate agli oligarchi russi in Europa e, vista l’incertezza giuridica che riguarda tali “congelamenti” le eventuali penali che, una volta finite le ostilità ufficiali, i vari tribunali potrebbero imporre di pagare alle “vittime” di tale aberrazione giuridica.
Recentemente, su pressioni americane e in spregio al diritto internazionale, l’Europa ha deciso che saranno sequestrati, per trasformarli in armi da inviare in Ucraina, gli interessi sui beni finanziari congelati ai russi: a luglio 1,5 miliardi per arrivare ai 3 miliardi entro fine anno.
L’UCRAINA NELLA UE?
Vogliamo poi pensare a cosa accadrebbe se davvero, come vogliono i vari governi europei ubbidienti a chi è più potente, dovessimo fare entrare l’Ucraina (o ciò che ne resterà) nell’Unione Europea? Lascio a chi legge immaginare quanti miliardi serviranno non solo per la ricostruzione ma anche per adeguare le istituzioni e le leggi agli “acquis” europei e a quanto sarà fatto sparire dalla corruzione endemica in quel paese.
Inoltre: cosa ne sarà degli agricoltori nostrani costretti ad una concorrenza impari con le produzioni agricole ucraine? E saremo noi consumatori europei pronti a ricevere prodotti contaminati dalle polveri sottili e invisibili entrate nel ciclo agricolo produttivo perché dispersevi da tutte le bombe ad uranio impoverito (non radioattivo ma velenosissimo) usate nei vari campi di battaglia?
Con circa 35/40 milioni di abitanti, l’Ucraina diventerebbe il quinto Stato membro dell’Unione e ciò solleverebbe significative implicazioni per gli equilibri politici interni. Secondo alcuni studiosi europei di economia l’integrazione di un Paese già povero e ora totalmente distrutto costerebbe alle casse di Bruxelles (e quindi anche alle nostre) “una cifra orrenda” che andrà a scapito dei fondi destinati ai Paesi attualmente beneficiari netti quali Polonia, Ungheria, Romania e Grecia. Resisterà l’unità tra i Paesi europei? Sarà anche inevitabile mettere in conto enormi flussi migratori in uscita dall’Ucraina, anche se questo è forse l’unico aspetto parzialmente positivo della questione. Si tratterebbe, comunque, di potenziali lavoratori qualificati, facilmente integrabili poiché provenienti da una cultura non troppo dissimile dalla nostra.
Davanti a queste evidenze e a questi scenari è difficile continuare a credere che chi ci governa in Europa sappia davvero quello che fa e ne abbia previste le conseguenze. Purtroppo, siamo costretti a prendere atto di una delle due ipotesi possibili. La prima: è in atto un vero e proprio piano da oltreoceano per distruggere le economie europee e i nostri politici non se ne sono accorti. La seconda: la gran parte dei vertici dirigenti a Bruxelles e nelle varie nostre capitali o è totalmente rimbecillita o si è venduta ad altri interessi.
La professoressa Jessica Green dell’Università di Toronto ha calcolato che i soli incendi della passata estate in Canada hanno rilasciato due miliardi di tonnellate di anidride carbonica, pari a quattro volte le emissioni annuali totali del Paese. Se aggiungiamo, tra le tante manifestazioni naturali di tipo vulcanico, le emissioni di CO2 emesse nei Campli Flegrei poche settimane orsono che corrispondevano a migliaia di tonnellate giornaliere, farne il paragone con quanto si risparmierebbe riducendo a zero le emissioni dei motori a combustione diventa sconsolante.