Un vecchio detto recita che, soprattutto in politica, un cretino è più pericoloso di un male-intenzionato. Naturalmente la situazione peggiore l’abbiamo quando lo stesso personaggio è contemporaneamente cretino e male-intenzionato.
Che il cosiddetto ministro degli Esteri Europeo Joseph Borrell (fortunatamente uscente) non sia dotato di particolare intelligenza politica è dimostrato da tanti suoi comportamenti e dalle sue improvvide affermazioni.
Purtroppo, oltre alla sua pochezza mentale, ha anche predisposizione marcata per fare danni di cui nemmeno sembra rendersi conto.
L’ultima delle sue pericolose e stupide dichiarazioni, come sempre formulata ex-cathedra, riguarda contemporaneamente le due aree di crisi troppo vicine all’Europa. L’una a proposito della guerra in Ucraina, l’altra del conflitto in Medio Oriente.
Nel primo caso ha sostenuto con la sua solita baldanza che “tutti i Paesi europei dovrebbero autorizzare senza alcun dubbio l’uso delle armi già date all’Ucraina per colpire il territorio della Repubblica Federativa Russa”.
Fortunatamente quasi tutti i leader politici dei Paesi membri l’hanno immediatamente sconfessato e il nostro ministro Tajani, magari ben consigliato dalla Farnesina, è stato tra i primi a farlo. Probabilmente lo stolido Borrell non si rende conto che dichiarare apertamente legittimo l’uso delle nostre (europee) armi contro il territorio della Russia significherebbe invalidare totalmente la pratica ipocrita che ci sta consentendo di essere in guerra contro la Russia senza averlo mai dichiarato.
Se dovessimo avallare la possibilità che queste armi siano utilizzate per colpire quel Paese renderemmo giustificata e quasi automatica una risposta di Mosca anche contro le nostre città. Ciò sarebbe il modo per iniziare la terza guerra mondiale poiché, se colpiti direttamente, non potremmo fare a meno di reagire e con noi tutta la NATO.
Quel che il pover’uomo non arriva a comprendere è che la politica internazionale è fatta di ipocrisie e sono questi sotterfugi che, almeno per ora, stanno riuscendo a contenere quel conflitto su di un ambito locale. È ovvio che i poveri ucraini stiano combattendo per conto di tutto l’occidente, ma ammetterlo pubblicamente farebbe cadere il velo di menzogne a cui tutti, noi e i russi, stiamo fingendo di credere per evitare guai peggiori.
La stessa incapacità di capire la situazione l’ha dimostrata nelle sue sempre improvvide affermazioni quando ha formalmente chiesto che gli Stati europei rompano le relazioni diplomatiche con Israele dichiarando criminali di guerra alcuni dei ministri di quel governo.
Nessuno può o vuole negare che gli israeliani stiano facendo una carneficina a Gaza e che alcuni coloni si stiano comportando da banditi in Cisgiordania. Né è negabile che la responsabilità della non realizzazione dei due Stati (quello di Israele e quello di Palestina) stia anche nel governo di Benjamin Netanyahu e di chi lo ha preceduto. Tuttavia chi fa politica seriamente sa che ogni valutazione deve tener conto della realtà fattuale e delle conseguenze delle possibili decisioni prese.
Innanzitutto, non va dimenticato che a non permettere i due Stati non è stata solo Tel Aviv ma, con altrettanta responsabilità, ne hanno colpa i palestinesi delle varie fazioni. In particolare non bisogna mai dimenticare (perché spiega molti comportamenti da entrambe le parti) che Hamas e cioè il maggior responsabile di quanto sta accadendo oggi, ha nel suo atto costitutivo l’obiettivo inderogabile di “cancellare Israele dalla carta geografica”.
Inoltre quello stesso Ismail Haniyeh che fu capo politico di quel Movimento fino alla sua uccisione a Teheran ha affermato che la morte di tutti i civili uccisi dall’esercito israeliano a Gaza erano utili (quindi voluti? Quindi “necessari”?) per raggiungere l’obiettivo finale della sconfitta di Israele. Ecco le sue parole dopo l’invasione dell’IDF a Gaza: “L’ho detto in passato e lo dico ancora: il sangue delle donne, dei bambini e degli anziani… Siamo noi che abbiamo bisogno di questo sangue perché risvegli dentro di noi lo spirito rivoluzionario, ci spinga ad andare avanti”.
Ecco la spiegazione del perché i miliziani di Hamas si nascondono volutamente tra i civili qualunque, nelle scuole, negli ospedali ecc. Ogni civile ucciso, specie se bambino o donna, è per le opinioni pubbliche non solo arabe un chiodo incollato alla bara politica di Tel Aviv. Non a caso l’ufficio che si occupa delle relazioni pubbliche internazionali di questi terroristi vanta ogni giorno il numero dei morti sotto le bombe “degli ebrei”. Ovviamente senza denunciare quanti di queste vittime erano dei veri militanti combattenti e tralasciando il numero di cittadini civili israeliani uccisi nei loro vari attentati.
A parte queste considerazioni, valutiamo politicamente di cosa si sta veramente parlando. Da un lato c’è un Paese, Israele, che è la punta più orientale della cultura europea in generale.
I suoi valori di fondo sono gli stessi nostri e molti dei suoi abitanti hanno la doppia nazionalità, israeliana e di un Paese europeo. Israele non è solo Netanyahu e, lo confesso, per costui e per i suoi alleati nell’attuale maggioranza non ho nessuna simpatia: in Israele c’è una maggioranza della popolazione che sarebbe disponibile a trovare soluzioni pacifiche di convivenza con chiunque purché non sia con chi vuol fare sparire l’esistenza del loro Stato. Dall’altro lato c’è un gruppo di feroci terroristi, fanatici religiosi, che sottomettono le donne giudicandole esseri di serie B.
Un gruppo animato non solo dall’odio contro Israele ma anche contro tutta la cultura “occidentale” giudicata “nemica” della verità islamica. Con costoro non abbiamo mai avuto alcun valore da spartire, così come non ce l’hanno la stragrande maggioranza dei governi arabi. Anche qui vale però la regola dell’ipocrisia: mentre gran parte delle popolazioni arabe indottrinate da imam di second’ordine e oggetto di propagande passate utilizzate per nutrire un teorico sentimento pan-arabo sta davvero dalla parte dei palestinesi (purché se ne stiano lontani) i governi locali fanno solo finta di parteggiare per loro ma auspicherebbero, appena le circostanze dovessero permetterlo, di avere rapporti normalissimi con Tel Aviv.
Ebbene, che noi si debba fare di tutto per cercare di ridurre al minimo la tragica carneficina è scontato e doveroso, ma non possiamo permetterci di considerare israeliani e palestinesi sullo stesso piano. Sia perché stiamo parlando non di tutto un popolo ma di un gruppo di terroristi fanatici con i quali sarà sempre impossibile trovare accordi ragionevoli, sia perché con Tel Aviv abbiamo da sempre rapporti ottimali economici e di collaborazione politica-militare. Una cosa è invitare con forza Israele a una maggiore moderazione, un’altra è voler chiudere i rapporti o perfino minacciare di farlo.
Detto ciò, che un Borrell qualunque, forte di un incarico che tuttavia sta scadendo, arrivi ad auspicare che l’Europa rompa i legami con Israele dimostra soltanto che in tutti questi anni in quella posizione c’è stata una persona che non ne era all’altezza. Purtroppo, chi lo sostituirà non promette di essere molto migliore poiché l’unica caratteristica conosciuta della donna estone che dovrebbe ricoprire quel ruolo è di essere fortemente anti-russa. Speriamo almeno che abbia un buon senso superiore ai suoi sentimenti degni di analisi psicanalitica.
*già deputato, analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali