E’ impossibile essere smentiti sui dati referendari: il dato estero è stato nettamente in controtendenza rispetto a quello nazionale, numeri che vanno presi in considerazione alla luce anche dei futuri scenari politici.
Le elezioni politiche non saranno imminenti perché sappiamo tutti che ci sono dei passi importanti da fare, l’approvazione della legge di bilancio e una nuova legge elettorale. Mattarella ha congelato le dimissioni di Renzi proprio per garantire il compimento dei doveri istituzionali, ma qualsiasi governo uscirà dopo dal Quirinale, dovrà prendersi carico di cambiare l’Italicum e non sarà una matassa facile da sbrogliare, viste le divisioni già intraviste nelle dichiarazioni dell’opposizione e nello stesso PD.
Gli italiani all’estero hanno dato un segnale chiaro alla politica italiana; l’affluenza è in linea con tutte le votazioni precedenti. Hanno votato 1.200.000 elettori, su 4 milioni di aventi diritto, pari al 30,54% circa. E’ sempre un buon risultato, perché sappiamo che con l’attuale sistema elettorale estero non è facile portare a votare tutti. Un esame approfondito va fatto e forse sarebbe ora di mettere mano alla legge sul voto estero. Per evitare che ci sia chi puntualmente minaccia ricorsi e polemizza sulla segretezza.
Anche questa volta non ha funzionato la comunicazione e c’è il sospetto che sia stata boicottata ad arte. I sostenitori del SI hanno messo in campo tutte le forze politiche ed economiche, e tutti i parlamenti esteri del PD hanno fatto una campagna mediatica forte e mirata non solo sui giornali ma anche con incontri pubblici. Alla luce dei dati possiamo ancora pensare positivo sull’affluenza e sui risultati, tenendo presente che non tutti i nostri connazionali del mondo sapevano di questo referendum e soprattutto come votare: su un totale del 30% di voti, quasi il 9% sono risultati nulli.
I media, soprattutto quelli che si sostengono con i fondi pubblici, non hanno dato le giuste indicazioni su come votare.
Comunque si vogliano vedere le cose, gli italiani all’estero ci sono, hanno dato la loro opinione e credo che da domani qualsiasi governo ci sarà dovrà tener conto anche di questi voti.
Sappiamo che il PD all’estero è molto radicato e sappiamo come voleva che si votasse ed è riuscito nella sua missione. Invece per il MAIE ad oggi non si è capito per cosa volesse far votare, a parte la grande battaglia mediatica e la presa di posizione di Ricky Filosa.
Insomma, anche questo appuntamento è passato, anche questo referendum è andato: adesso bisogna mettere in campo un programma forte e serio per il futuro degli italiani oltre confine. Dobbiamo guardare avanti e fare squadra, non ci sono né vinti né vincitori: si parta dalla grande partecipazione democratica del popolo italiano che con questo referendum ha dato un segnale forte di presenza e per certi versi anche di maturità. Non sprechiamo questa importante risorsa e cominciamo subito a lavorare analizzando bene i dati dei flussi: in quali territori la campagna referendaria ha sortito gli effetti voluti e quanti giovani delle seconde e terze generazioni sono mancati all’appello. Non trascuriamo il contributo dei social: è lì che si deve insistere per informare e coinvolgere.
Costruiamo una forza unitaria degli italiani all’estero; non ha senso presentarsi divisi, in Parlamento si rischia di fare inutile presenza. Secondo la mia modesta opinione personale, il MAIE dovrebbe costruire insieme al PD una grande forza degli italiani nel mondo, se in futuro vuole contare qualcosa con le istituzioni. Ci sono in ballo molte conquiste sociali ed economiche da difendere e da riproporre. Non si perda più tempo.
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