TUNISI – L’anno 2011 ha segnato per il mondo intero un richiamo comune all’affermazione della democrazia e dei diritti fondamentali dell’uomo, proveniente dai paesi di cultura araba della sponda sud del Mediterraneo. Per la Tunisia, in particolare, il 2011 rappresenta qualcosa in più! La maturità dimostrata dal popolo intero e dalle Forze Armate, che dal 14 gennaio (fuga del deposto presidente Ben Ali) hanno garantito la sicurezza interna, unitamente al paziente lavoro degli Organismi istituzionali post "Rivoluzione della Dignità", ha portato alle elezioni per un nuovo Parlamento Costituente lo scorso 23 ottobre, con risultati sorprendenti per singolarità. A fronte di 106 partiti presentatisi alle elezioni, Nahdha, partito islamista, è il partito di maggioranza relativa con il 40% di preferenze. A seguire il nuovo partito comunista CPR (14%), i socialisti di Ettakatol (10%) e i nazionalisti di Petition Populaire (9%), per finire con una miriade di rappresentanti di piccoli partiti (27%) al momento disuniti e senza guida. Ma la Tunisia è ben di là di ogni previsione.
Il nuovo Parlamento Costituente, insediatosi il 25 novembre, ieri ha proposto un Testo Unico temporaneo (una sorta di mini costituzione), la cui adozione apre la strada alla formazione di un nuovo esecutivo, con Presidente della Repubblica il signor Marzouki (CPR) e Hamadi Jebali (Segretario politico di Nahdha) Capo del Governo. Secondo il nuovo Orientamento, il Presidente della Repubblica avrà il compito di rappresentare il Paese e sarà responsabile della politica estera, d’intesa con il capo del Governo, mentre il Primo Ministro, Capo delle Forze Armate, proporrà i progetti di legge all’approvazione del Parlamento, rimanendo responsabile dei vari Dicasteri e della loro gestione. Nella sostanza, una vera rivoluzione rispetto all’attuale Costituzione che preclude a un’apertura verso una forma di democrazia parlamentare a forte connotazione di Premierato. Per contro, la principale preoccupazione del ceto medio tunisino riguarda l’effettivo radicamento delle convinzioni democratiche professate da Nahdha e dallo “zoccolo duro” dei Salafiti, in esso convogliati: il livello di tolleranza sociale e di rispetto per la cultura laica (dominante). Da notare, inoltre, che il problema più grande, valido per tutti i partiti di Governo, riguarda l’inconsistenza dei loro programmi in materia economica e di politica internazionale.
In particolare, il movimento islamista ha fatto perno sulle radici religiose e identitarie, proponendole come caratteristiche comuni dominanti a scapito di programmi ben strutturati sull’economia, sviluppo regionale, aperture agli investimenti esteri, giustizia sociale, rispetto e apertura alle altre scelte politiche. Comunque, guardando questi ultimi mesi di debutto del processo democratico, le aperture rapidamente concretizzatesi sono dovute essenzialmente alla maturità e alla saggezza mostrate dal popolo tunisino. La chiave di lettura del successo di "Nahdha" è da attribuire proprio alle aperture avute verso le istanze delle differenti classi sociali, riuscendo a fondere le diverse esigenze con il sentimento popolare in un partito politico che ha elevato a proprio emblema “la colomba”, simbolo di pace e di convivenza pacifica.
La Tunisia degli ultimi decenni è cresciuta in un coacervo di culture, mescolando le diverse esigenze di costume e tradizione a causa delle due anime che emergono sempre più evidenti: l’Islam e il Mediterraneo, lo stato laico e le radici religiose, la nuova cultura laica dei giovani tunisini e il senso di appartenenza al mondo musulmano. Il motto di Ennahdha è “Tolleranza e rispetto per tutti”, ma nel frattempo i gruppi Salafiti da più di una settimana protestano nelle università al fine di legittimare il niqab (velo integrale) per le loro studentesse. Le contraddizioni esistono e sono numerose ed evidenti. Ma il futuro politico della Tunisia, a prescindere dalle ombre esistenti, è già tracciato: una piena Democrazia, con ogni probabilità a connotazione Islamica. Una Democrazia che, sebbene dovrà presentarsi al contesto internazionale in modo evidente e farsi accettare per i nuovi valori della “civiltà” che vuole rappresentare, potrà sicuramente essere di esempio alle altre nascenti democrazie del Nord Africa e del Medio Oriente.
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