Il Parlamento, dopo un lungo e complesso cammino, ha approvato la riforma costituzionale che riduce il numero di parlamentari, elimina il bicameralismo paritario e rende più rapida l’azione legislativa e, quindi, l’impegno riformatore.
Questo obiettivo è stato raggiunto dopo decenni di discussioni che non hanno prodotto una vera riforma. Decisivo il richiamo del Presidente Napolitano a tutto il Parlamento affinché consegnasse al Paese quella riforma costituzionale tanto attesa dall’opinione pubblica, ma disattesa dalle forze politiche e parlamentari succedutesi nel tempo. A questo appello hanno finalmente risposto le forze di maggioranza e il Governo Renzi ne ha fatto l’obiettivo prioritario della sua azione, anzi il motivo principale della sua esistenza.
Nell’impianto della riforma è stata confermata, non senza difficoltà, la circoscrizione Estero. Questo impianto non prevede che nel nuovo Senato, di cui sono state trasformate natura e funzioni, vi siano i rappresentanti dell’estero. Prevede però che 12 deputati eletti nel mondo concorrano a dare la fiducia al Governo, concorrano ad approvare tutte le leggi fondamentali e a indicare le linee prioritarie dell’azione di Governo.
Siamo presenti in questa riforma grazie all’unicità della circoscrizione Estero. La legge ordinaria articola la circoscrizione in ripartizioni, ma l’unicità della circoscrizione Estero ci ha consentito di superare le riserve sollevate da alcuni Paesi già nella prima fase di approvazione della riforma costituzionale del 2000.
Il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, appena insediato, ha deciso di porre all’attenzione dei Comitati degli italiani all’estero, delle associazioni e delle comunità la questione centrale della riforma della rappresentanza. Ha giustamente privilegiato e scelto il metodo della consultazione e dell’ascolto preliminare. Rilevo, tuttavia, due aspetti relativi alle considerazioni espresse dal CGIE.
Prima di tutto, non si evidenzia sufficientemente proprio l’elemento del mantenimento della Circoscrizione estero, dimenticando il fatto che i saggi, dopo mesi di lavoro, avevano proposto la sua totale eliminazione. È chiaro a tutti, dunque, di chi sarebbero le responsabilità se la riforma costituzionale non dovesse essere approvata e si dovesse ricominciare tutto daccapo per la riforma in questo campo. Perché una cosa è certa: si ricomincerebbe dalla cancellazione della circoscrizione Estero.
Vorrei fare anche un’altra considerazione: oggi, grazie al mantenimento della circoscrizione Estero, abbiamo una situazione in cui possiamo approvare una riforma costituzionale che non ci penalizza poiché assegna ai 12 deputati un ruolo pieno, non di semplice testimonianza. Questo secondo aspetto non mi pare venga rilevato in modo adeguato. Anche in questo caso devono essere chiare le responsabilità se si dovesse arrivare ad una riforma che assegna all’italianità nel mondo un ruolo di sfondo istituzionale, di pura testimonianza.
Segnalo infine che la richiesta di una presenza dei territori esteri nel nuovo Senato obiettivamente non risponde a nessuna logica di rappresentanza. L’unicità della circoscrizione Estero non solo è elemento necessario per superare perplessità e remore di alcuni Paesi, restii a far svolgere attività elettorali di partiti esteri nel proprio territorio, ma restituisce anche il legame naturale tra italiani nel mondo, in una logica di rappresentanza plurale, tematica, orientata a rappresentare un mondo di diversità che converge nel Parlamento della Repubblica.
Ecco, caro CGIE, cari Com.It.Es., care Associazioni e cara comunità italiana nel mondo: possiamo fare una buona legge sulle rappresentanze di base, innovativa ed efficace, capace di guardare al futuro; oppure possiamo andare nelle più diverse direzioni, svolazzando allegramente, come colibrì, magari guardando al passato per cercare risposte che abbiamo già sotto gli occhi. Un caro saluto e buon lavoro.
*deputato Pd eletto all’estero e residente in Australia
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