Sabato scorso a Santo Domingo è stato ricordato il 139º del ritrovamento dei resti di Cristoforo Colombo. I fatti si verificarono il 10 settembre 1877, nella Catedral de Santo Domingo, capitale della Repubblica Dominicana. Colombo morì a Valladolid il 20 maggio 1506 e in un primo momento il suo corpo fu sepolto nel Convento de San Francisco della stessa città, in Spagna. Poi i resti furono trasferiti al Monastero de la Cartuja a Siviglia, poi ancora nel 1523 un nuovo trasferimento, per volontà del figlio, Diego Colombo, a Hispaniola. Poi altri spostamenti, storie non del tutto mai verificate, fino a quando, appunto il 10 settembre 1877, alcuni operai, durante i lavori di restauro della cattedrale di Santo Domingo, scoprirono una cassa che conteneva 13 frammenti di ossa grandi e 28 piccole e c’era una scritta che attribuiva questi a resti al navigatore italiano.
Una storia che dal quel giorno è diventata ancora più misteriosa, con l’allestimento di ampolline, sotto lo sguardo attendo dell’Arcivescovo di Sirace, monsignor Rocco Cocchia, che era il delegato apostolico presso Haiti, Santo Domingo e Venezuela. Le ampolline erano destinate al Pontefice, alla città di Genova e all’Università di Pavia, dove si ritiene Colombo abbia appreso le prime nozioni di nautica. Soltanto tre anni dopo le ampolline partirono da Santo Domingo, ma ce n’era anche una quarta, che si racconta fu tenuta dal console italiano a Santo Domingo, Luigi Cambiaso. Ma con Santo Domingo anche Siviglia rivendica la sepoltura di Colombo. È stato effettuata una analisi sui resti, a Siviglia, così a Santo Domingo resta il mistero.
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