Con la partecipazione di cinque artisti di avanguardia, la Repubblica Dominicana è presente, per la prima volta con un proprio padiglione, alla Biennale di Venezia, rassegna che più di ogni altra domina la scena artistica mondiale, con un progetto realizzato dall’Ambasciata dominicana a Roma e dal Ministero della cultura dello Stato caraibico, Commissario il Ministro della Cultura Eduardo Selman, curatrice Marianne de Tolentino.
Hulda Guzmán, Miguel Ramírez, Ezequiel Taveras, Darío Oleaga e Julio Valdez rappresentano il Paese in questa 58^ Esposizione interazionale d’arte, inaugurata lo scorso 11 maggio e che chiuderà i battenti il 24 novembre.
Conservazione della natura, ecologia, biodiversità sono i temi dominanti nella esposizione delle opere portate a Venezia dai cinque artisti dominicani.
“Fiesta en la Selva”, dipinto di Hulda Guzmán riproduce una “celebrazione tra animali e la forza aggressiva della selva, rappresentandone il carattere esuberante e, al tempo stesso, la feroce e viscerale ambiguità della vita” come raffigurazione dell’armonia energetica della natura.
“La Terrenas”, di Julio Valdez, ricrea una “incertezza spaziale, un senso del tempo non ancora definito. L’artista riproduce un “paesaggio oceanico che è, al tempo stesso, illusorio ed onirico, ricreando immagini dell’acqua al di là delle sue caratteristiche fisiche, metafora di coscienza e processo creativo”.
In “Memoria della Terra”, polittico in ceramica Ezequiel Taveras “rappresenta la memoria della terra attraverso simboli semiotici ed estetici, elaborando un documento capace di immortalare questa memoria, soprattutto quando si confronta con un temibile futuro, per preservare la conservazione della vita sul pianeta. Simboli e chiavi di lettura aiutano a connettere l’anima con la sua storia”.
“Veda”, dittico di Darío Oleaga, ci mostra “la biodiversità, vale a dire la natura nel suo massimo splendore, composizione di ossigeno e carbonio, intesa come elemento essenziale della vita”. “La interazione tra colore e forma produce una metafora tra i sogni, la vita e la morte” “mettendo sotto accusa le ragioni che stanno convertendo il nostro habitat uno spazio incompatibile con l’esistenza”.
“Herbario”, di Miguel Ramírez, rappresenta, con tecnica mista di pittura, scultura e fogliame, “un modello di equilibrio e conservazione, metafora scenica che evoca la contemplazione della convivenza ecologica tra natura endogena e civilizzazione in progresso, suggerendo evidenti riferimenti a costruzioni di progressivi recinti urbani ed a vestigia scultoree di una antica e misteriosa civilizzazione, mentre riemerge dalla natura”.