Serenella Salomoni, psicologa, psicoterapeuta, sessuologa e terapista di coppia è intervenuta è intervenuta a Radio Cusano Campus per parlare del rapporto tra genitori e figli.
Il senso di colpa dei figli. “Il rapporto tra genitori e figli è complicato per entrambi. I genitori sono responsabili di tutti gli ambiti educativi dei figli. I ragazzi non vengono più cresciuti come una volta, quando un neonato diventava un impegno collettivo della società, del quartiere. Oggi i genitori lavorano e i bambini sono più soli rispetto al passato. Inoltre, il bambino ha poco tempo per poter sviluppare il rapporto con il genitore: i genitori devono essere consci di quello che mettono in atto nell’educazione del bambino”.
“Un figlio si sente in colpa di lasciare il nucleo familiare quando c’è un solo genitore, andando a ricoprire così il posto di responsabilità del padre. Questo avviene nei casi di divorzio, e addirittura anche nei casi in cui la madre si sia rifatta una vita. E’ normale che un figlio che parte si senta in colpa di lasciare la madre. Questo processo può verificarsi anche nei casi in cui il ragazzo sia cresciuto nel cerchio magico materno, non riuscendo così a specchiarsi in un rapporto maschile con il padre. I ragazzi diventano così i sostituti dei padri”.
“I figli che si sentono in colpa perché vivono all’estero sono una tipicità del nostro Paese. I giovani italiani non sono abituati a spostarsi frequentemente. Negli Stati Uniti i ragazzi escono di casa a 17 anni. Non tutte le famiglie hanno, però, le possibilità economiche di mandare i figli all’estero: allo stesso modo le ristrettezze economiche diventano una scusa per accudire il figlio fino alla tarda età. L’eccessivo accudimento materno ha inevitabilmente una conseguenza diretta sulla coppia. Si generano così due situazioni nella relazione: o la donna non vuole in alcun modo ricoprire un ruolo materno o lo vuole troppo”.
L’eccessiva presenza di nonni e madri. “La nuova famiglia non deve mai dipendere dalla famiglia di origine. L’eccessiva presenza dei nonni è dannosa perché mina il ruolo dei genitori. Serve più autonomia psicologica ma soprattutto fisica. I nonni non possono intervenire nella quotidianità. L’adolescente ha bisogno di confrontarsi con il lato paterno genitoriale: in questo senso la madre dovrebbe lasciare più spazio. Il bambino forma molti tratti della sua personalità nei primi cinque sei anni della sua vita: tutto questo dev’essere fatto lontano dalla madre. La socialità si sviluppa in questo momento e una madre troppo presente va ad intaccare lo sviluppo di questo tratto della personalità sostituendo tutti le sfere della socialità. Esistono anche donne mammone. La donna può diventare dipendente dalla madre ma si confronta pur sempre con una figura femminile. Le donne dipendenti dalle madri non si sentiranno mai autonome e cercheranno sempre il sostegno delle madri anche nell’educazione dei loro stessi figli”.