Si continua a parlare della questione degli italiani all’estero che fanno fatica a vedere rinnovati i loro passaporti e degli italo-discendenti che devono faticare per riceverli. Siamo nel 2023 e si devono sentire ancora notizie di questo tipo. Incredibile. A questo punto, è ovvio che esiste un problema nel sistema.
Che senso ha per un italiano all’estero che, per esempio, risiede a New York, dovere tornare in Italia per poter rinnovare il passaporto? Tra l’altro, questa storia non mi è nuova, avendola già sentita da una mia amica sarda che abita a Barcellona.
Noi abbiamo tutti i canali telematici possibili ed immaginabili. Non si potrebbero sfruttare quelli?
Un discorso analogo si può fare anche per gli italo-discendenti. Attraverso le vie telematiche si potrebbero trovare gli alberi genealogici. Dunque, queste tribolazioni delle quali sono fatti oggetto gli italiani all’estero risultano essere veramente incomprensibili.
Abbiamo i mezzi telematici, ma le pratiche non si risolvono. Questo è un paradosso. Non si è in grado di velocizzare una pratica come quella del rinnovo del passaporto?
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Oltretutto, a cosa serve l’AIRE (Anagrafe Italiani all’Estero) se certe pratiche basilari per i nostri connazionali all’estero non si riescono a sbrigare con efficienza e celerità?
Una persona che deve tornare in Italia per rinnovare il passaporto deve affrontare la spesa del viaggio. Oltre al danno, la beffa. Evidentemente, vi è un problema di burocrazia. La burocrazia eccessiva e prolissa del nostro Paese è un fattore di arretratezza del medesimo. Questo vale sia per gli italiani all’estero che per noi che stiamo qui in Italia. Anch’io lo so molto bene.