Dopo due anni in cui ha corso a doppia cifra, il settore della moda italiana arriverà nel 2023 ad avere un giro d’affari di 90 miliardi, anche se il difficile contesto macroeconomico la costringerà a rallentare. Sono le previsioni degli analisti dell’area studi Mediobanca che, analizzando i dati finanziari di 152 società della moda con sede in Italia, mettono in luce un 2022 molto positivo con una crescita del giro d’affari nominale a livello aggregato del 20% (a 82 miliardi di euro, +21% sul 2019) e per il 2023 prevedono un ulteriore incremento dell’8 per cento.
La maggior parte – sottolinea l’Ansa – preferisce restare alla larga dalla Borsa, solo 11 sono le società quotate (rappresentano il 17,5% del fatturato aggregato); al 15 febbraio il podio è occupato da Prada (15,9 miliardi di capitalizzazione), Moncler (15,7 miliardi) e Brunello Cucinelli (5,5 miliardi); medaglia di legno per Salvatore Ferragamo (3 miliardi), seguita da Tod’s (1,2 miliardi).
I prodotti di alta qualità continuano a premiare la redditività, con l’alta gamma a chiudere il 2021 con un ebit margin del 10,8%, il 46% al di sopra dei valori dei produttori mass market (7,4%). Il podio per redditività vede al primo posto Fendi (32,8%), davanti a Renato Corti (29,5%) e Gingi (29,2%, principale marchio Elisabetta Franchi).
Fra le aziende produttive, nel comparto della gioielleria la crescita è stata anche più consistente (+189,1%). Sul fronte patrimoniale, le aziende della moda rafforzano la propria struttura finanziaria (debiti finanziari sul capitale netto al 40,8% nel 2021 dal 56,8% del 2019), con i produttori di occhiali, abbigliamento e tessuti a distinguersi come i più capitalizzati.