La lingua italiana è un patrimonio di tutti. Non è solo nostro, di noi italiani che viviamo qui in Italia, e dei nostri connazionali residenti all’estero e dei loro discendenti, ma di tutti i popoli d’Europa e dell’Occidente.
Essa deriva dal latino (lingua che un tempo era parlata nella maggior parte dell’Europa) e ha una sua storia, che è comune a quella di altre lingue (come lo spagnolo, il francese e il romeno) o che ha tratti comuni con le storie di altre lingue non romanze, come l’inglese.
Infatti, una lingua come l’inglese (che è germanica) ha anche molte parole di origine latina. Nel Medioevo e nel Rinascimento, l’italiano (o meglio, il volgare fiorentino) era piuttosto diffuso. Nelle corti di re stranieri, come quella dei re d’Inghilterra, si parlava anche l’italiano. Sovrani come re Enrico VIII, re Edoardo VI e la regina Elisabetta I conoscevano anche la nostra lingua.
Noi abbiamo il sacrosanto dovere di essere orgogliosi della nostra storia. Eppure, non si fa abbastanza per difenderla. Spesso e volentieri si usano gli anglicismi quando si potrebbe evitare di farlo. Questa tendenza è particolarmente radicata nel nord del nostro Paese.
Per esempio, si sentono certi lombardi che usano parole anglosassoni come “trend” o “gatekeeper” , forse perché fa tendenza, anziché usare vocaboli nostrani come “tendenza” e “custode”.
Questa tendenza è stata amplificata dai famosi “influencer”, i quali possono essere chiamati anche “intrattenitori” o “televenditori”. Questo è snaturare la nostra bella lingua, la quale rappresenta un pezzo importante per la nostra storia.
Sia ben chiaro che dire ciò non è sciovinismo o anglofobia, ma è rendersi conto del valore storico e culturale della nostra parlata. Il modo più efficace di uccidere un popolo non è l’uso delle armi, ma è l’eliminazione della sua cultura, a cominciare dalla lingua.
Dunque, ci si deve impegnare nel difendere e nel diffondere la nostra lingua qui in Italia e all’estero, specialmente in questo periodo di inverno demografico che si sta vivendo qui in Italia. Se la nostra lingua morisse, un pezzo di storia della nostra civiltà sarebbe dimenticato. Si vuole arrivare a questo?