La forza dell’emigrazione italiana in Argentina è ormai nota. Nel dopoguerra, tantissimi gli italiani che hanno attraversato l’oceano per raggiungere quella che sarebbe stata la loro nuova casa. Tra questi, molti erano calabresi, costretti a lasciare la loro bella Calabria per tentare una nuova vita a 14mila chilometri da casa, alla ricerca di lavoro e dignità.
L’emigrazione calabrese in Argentina era tipicamente proletaria, ma dopo tanti anni, i discendenti di quelli che furono braccianti, hanno raggiunto ruoli di rilievo all’interno della Nazione sudamericana, grazie allo studio, al sacrificio, alla volontà di crescere e superarsi, al desiderio di fare meglio dei propri genitori. Ecco perché oggi in Argentina gli italiani o i loro discendenti occupano moltissimi ruoli di prestigio, e questo vale per i calabresi in particolare. Basti ricordare che il presidente della Repubblica Argentina, Mauricio Macri, è figlio di un calabrese; forse è per questo, notizia curiosa, che ha voluto come cuoco personale alla “Casa Rosada” un calabrese di nome Dante Liporace.
L’Argentina ha dato una nuova Patria a decine di migliaia di calabresi. Come possiamo leggere nel volume “Calabria migrante”, a cura di Vittorio Cappelli, Giuseppe Masi e Pantaleone Sergi, l’Argentina è la nazione che dall’ultimo quarto di secolo XIX in poi, in progressiva crescita, ha esercitato un’intensa attrazione sull’emigrazione calabrese, in forte maggioranza giovane. Si è trattato, secondo un’accettabile analisi fatta un secolo fa su un quotidiano italiano di Buenos Aires, di un fenomeno «spontaneo e grandioso», provocato dalla «durezza della vita», da scarsi profitti agricoli e insufficienti risorse in Patria: in sostanza, si tratta di una «reazione a uno stato di cose reputato intollerabile» che ha inciso anche sui costumi, le idee e le abitudini, modificando profondamente l’assetto economico, morale e sociale della regione.
Dalla Calabria se ne sono andati coloro che hanno avuto il coraggio e la forza di farlo. C’era bisogno di lasciare il posto ai parenti, perchè nel dopo guerra c’era la fame, e l’Italia non riusciva ad alimentarli. Quindi i più coraggiosi, con il dolore in cuore, hanno lasciato la propria terra, amici e parenti emigrando per mantenere le proprie famiglie. Ricordo che mandavo alla mia famiglia la metà del mio stipendio: così fecero tutti i calabresi e quasi tutti gli italiani emigrati. Abbiamo aiutato l’Italia a sopportare la fame che dilagava nella nostra terra.
Oggi in Argentina la Calabria è forte e presente, con i suoi figli, con le sue tradizioni, la propria cultura, i propri costumi, anche quelli enogastronomici, non meno importanti di altri. Come abbiamo visto, persino il presidente Macri ha voluto un cuoco calabrese!
Noi calabresi in Argentina siamo oggi una potenza. Dobbiamo rendercene conto e lavorare uniti con obiettivi sempre più ambiziosi. Come USEI abbiamo da sempre ottimi rapporti con le associazioni calabresi in tutta l’America Latina, con le autorità calabresi e i rappresentanti istituzionali della Regione. Lavoreremo per rafforzare questo filo conduttore e per costruire un futuro di successi in comune, per continuare ad essere una concorrenza senza paura, anche in questo mondo sempre più aggressivo per via della globalizzazione.
*presidente USEI – Unione Sudamericana Emigrati Italiani
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