Cinquant’anni fa l’Italia era un grande paese, superpotenza della cultura, molto influente in politica estera, una delle maggiori industrializzazioni nel mondo e soprattutto un Paese dove si poteva vivere bene e senza pericoli. Gli italiani erano orgogliosi di esserlo, avevano un grande entusiasmo sia per i successi realizzati, sia per i progetti in cantiere e soprattutto erano abbastanza tranquilli per il futuro, basato su certezze economiche e sociali. Ora la situazione sembra capovolta; a livello internazionale abbiamo perso considerazione e affidabilità e gli italiani stessi sono depressi e preoccupati per il futuro. Cos’è successo? E’ successo che abbiamo dimenticato le nostre tradizioni e i singoli cittadini hanno perso la dignità a tutti i livelli e in tutti i settori.
La responsabilità maggiore è sempre quella dell’elettorato. Infatti, una grande percentuale di italiani non va nemmeno a votare e un’altra, abbastanza importante, vota un partito come se fosse la squadra di calcio del cuore. Il voto non è solo un diritto, ma è anche un dovere e tutti noi dovremmo seguire con attenzione le vicende politiche e giudicare i protagonisti per le loro decisioni e per i loro programmi.
Purtroppo la classe politica eletta è troppo litigiosa e inconcludente; anche gli stessi politicanti hanno dimenticato la dignità del ruolo che è stato loro affidato. Non solo, ma nelle applicazioni delle leggi, ci troviamo pure di fronte ad una magistratura burocratica e narcisista; sono pochi i magistrati che esercitano il loro incarico, in silenzio, con serietà e senza influenze politiche. Ad aggravare la situazione abbiamo pure un fisco oppressivo e ostile, con funzionari a volte corrotti e ignoranti, spesso non all’altezza dei compiti affidati. Anche l’imprenditoria non è più quella di una volta; l’oppressione fiscale italiana spesso costringe i nostri imprenditori a guardare al solo miope tornaconto e a trovare delle soluzioni poco legali, eludendo le norme fiscali, ambientalistiche e della sicurezza. Invece le organizzazioni sindacali sono rimaste proprio quelle di una volta, con atteggiamenti rigidi e prese di posizioni inutili e superate.
La pubblica amministrazione ancora non funziona; i responsabili non sono all’altezza, gli sprechi sono all’ordine del giorno e i servizi, paragonati a quelli delle altre nazioni europee, sono scarsi e costosi. Persino le forze dell’ordine, che negli anni scorsi funzionavano egregiamente, oggi sono mal dirette e danno scarsi risultati.
In tutto questo caos, con corruzione dilagante, spese statali vergognose, clientelismo diffuso, infiltrazioni mafiose, criminalità crescente, immigrazione incontrollata e ipocrisia regnante, il debito pubblico, che rappresenta tutta la nostra cattiva gestione da rimandare alle generazioni future, continua ad aumentare.
Allora quale potrebbe essere la soluzione per invertire questa tendenza? Riscoprire e rilanciare la dignità di ogni ruolo, da quello del Presidente della Repubblica a quello dell’ultimo dei lavoratori, statale o privato. Bisogna selezionare e inserire in ogni luogo le persone più adatte, cercare tutti di migliorarci e di riprendere la nostra dignità, senza perdere le speranze e concentrandoci verso dei risultati sempre più alti, perché noi italiani siamo ancora un gran popolo, sempre in grado di distinguerci nel mondo.
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