Cresce l’attenzione sui temi della sicurezza e della difesa europea, mentre preme parimenti l’apprensione per il probabile ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti.
Il conflitto in Ucraina – con le sue inutili stragi – e le gravi turbolenze medio orientali, ci impongono di rifiutare un approccio fatalista o rassegnato e di ripensare più utilmente il tema della guerra e le vie della pace.
Si moltiplicano per altro gli avvertimenti degli esperti e degli studiosi di geopolitica circa un possibile allargamento del conflitto russo-ucraino.
A questo riguardo, non si esagera forse se si dice che la guerra in Ucraina, con le sue vaste implicazioni per la difesa e la sicurezza europee, non ha risvegliato sinora la speciale attenzione dei siti informativi delle collettività italiane all’estero, che si limitano infatti a ripetere, più o meno, quanto si scrive o si dice in Italia.
Ultimamente, a sollecitare sul punto la nostra attenzione, che è quella, teniamo a precisarlo, di modesti osservatori periferici, è stato un articolo apparso su un quotidiano romano, in cui si prospettava la opportunità di un maggiore protagonismo europeo del governo di Roma, in un frangente storico che sembra vedere Francia e Germania alle prese con gravi problemi interni.
Per il governo italiano si tratterebbe di avanzare utili idee, in vista di quella che gli esperti chiamano la nuova architettura della sicurezza in Europa.
Ci si domanda cosa possa fare in proposito l’esecutivo italiano, solitamente restio a prendere l’iniziativa nelle materie della sicurezza e attento, d’altra parte, a seguire gli indirizzi della Nato o la linea franco-tedesca.
Certo è che incombe sul continente uno scenario politico-militare dai tratti a dir poco confusi. Nel medio periodo, a preoccuparci tuttavia maggiormente, lo diciamo senza esitazioni, è il probabile ritiro degli USA dalla Nato, già ventilato, del resto, da Trump, e la perdita quindi del principale alleato dell’Europa.
Anche in vista di un siffatto scenario, Romano Prodi e altri autorevoli osservatori hanno prospettato l’opportunità di una autonoma risposta europea, sotto forma di deterrente nucleare a guida francese, o franco-britannica. A parte però l’azzardo di un discorso che sembra preferire la prospettiva della guerra, e, quindi, una prospettiva apocalittica, invece della ricerca della pace, salta agli occhi l’asimmetria tra l’arsenale nucleare della Russia, che è probabilmente il più vasto del mondo, e quella dei due partner prima citati.
Che fare, dunque? Tornerebbe utile, nel nostro avviso, prendere atto della probabile secessione americana, cominciando quindi col ricalibrare la politica estera dell’Unione europea, soprattutto la sua direttrice est-europea. In vista di ciò, gioverebbe, promuovere, noi crediamo, un approccio più duttile e più dialogante nei confronti di Mosca.
Su questa linea, sembra a noi che l’esecutivo italiano potrebbe offrire un utile contributo. Sappiamo, certo, che la posizione italiana è oggi ostile alla Russia, per ragioni, del resto, comprensibili, ma crediamo, nonostante tutto, nella diplomazia, che è l’arte del dialogo.