In Italia, a differenza di tutti gli altri Paesi europei, la Destra non ha sua storia perche’ una Destra di governo non e’ praticamente mai esistita dopo l’Unita’; ne’ nel regime liberale precedente al fascismo, ne’ in quello democratico fino al 1994, ovvero fino all’avvento di Berlusconi. Ma quella Destra nata allora ha gia’ fallito alla prova del governo, un fallimento che puo’ essere attribuito proprio al suo leader. E’ quello che sostiene Antonio Polito, giornalista e scrittore nonche’ senatore, tra il 2006 e il 2008 nelle fila dell’Ulivo, nel suo ultimo libro, uscito per Rizzoli, che si interroga anche se dopo questa parentesi ormai ventennale di ‘berlusconismo’ l’Italia tornera’ ad essere un Paese senza Destra. Ma, avverte l’autore, il libro ‘tenta di ragionare sulla Destra italiana ‘etsi Berlusconi non daretur’, come se Berlusconi non esistesse’ e analizza la storia politica del Paese prima del 1994 (prima parte) e dopo il 1994 (seconda parte).
Polito affonda la sua ricerca nella lunga e sofferta storia del trasformismo all’italiana, dal Connubio di Cavour al primo ‘ribaltone’ del 1876, dal primo grande ‘inciucio’ del 1882 alla grande ammucchiata sotto le insegne del fascismo, passando per la ‘maggioranza silenziosa’ di un partito ‘che non osa dire il suo nome’ fino all’inedita e sfarzosa ‘Destra bling bling’ dell’ultimo Berlusconi. Analizza le ragioni del fallimento della Destra al potere, conclusione di una lunga serie di sconfitte, fino ad arrivare all’alba della Terza Repubblica. Ci sara’ – si interroga – chi avra’ il coraggio di fare appello a un elettorato che e’ storicamente maggioritario e storicamente conservatore, ma che non ha una sua storia politica? Oppure ‘Destra’ restera’ una parola talmente impronunciabile da spingere anche Mario Monti, esponente della migliore tradizione liberale e conservatrice europea, a scegliere la classica via italiana al Centro?
‘La Destra che c’era ha fallito – spiega il giornalista nelle conclusioni -, dunque c’e’ bisogno di una Destra nuova. Si potrebbe azzardare che dovra’ essere un partito borghese, dotato di un forte senso dello Stato, un partito nazionale e non nordista, europeista, basato sulla partecipazione e non sulla mobilitazione, dunque un partito democratico e parlamentare, infine un partito che si pone l’obiettivo di unire la societa’ in cui vive, non di dividerla. Detta cosi’, sembrerebbe necessaria una Destra straordinaria. Invece – parafrasando Altan – basterebbe una Destra normale’. Una Destra autorevole, con una vera alternanza di governo, che permetta all’Italia di uscire dal limbo dell’immaturita’ politica nella quale e’ relegata.
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