La progettazione di questa supercar nacque da un’idea di Ferruccio Lamborghini e dell’ing. Paolo Stanzani, e nel 1986 Stanzani (co-progettista di Miura ed Espada, e progettista di Urraco e Countach) avviò la progettazione del 12 cilindri che allora si chiamava FL12 (da Ferruccio Lamborghini). Intanto l’imprenditore Romano Artioli, concessionario Ferrari e importatore Suzuki, si era unito all’iniziativa come socio finanziatore.
L’anno successivo, nel 1987, grazie alla credibilità di Stanzani e Lamborghini, la Messier-Hispano-Bugatti accettò di vendere il marchio Bugatti, che fu acquistato dalla Autexpò Gmbh della famiglia Artioli. A quel punto Lamborghini uscì dall’iniziativa, non interessato ad investire sul marchio di un altro costruttore e per le idee opposte a quelle di Romano Artioli. Stanzani credeva fortemente nella rinascita del marchio e così il 14 ottobre 1987 si costituì la Bugatti Automobili SpA, con Stanzani al 35%, mentre il 65% era della Bugatti International S.A.H., società di Romano Artioli in cui nel frattempo era stato spostato il marchio Bugatti.
Paolo Stanzani, ex Direttore Generale e Direttore Tecnico della Lamborghini 1967-1974, fu nominato Amministratore Unico e Direttore Tecnico e creò dal nulla una nuova casa automobilistica.
Concepì la EB110 e ne condusse progettazione e sviluppo per i primi 4 anni, scelse il terreno per lo stabilimento, fornì all’architetto il layout per la costruzione in serie della nuova supercar, allacciò i rapporti e i primi accordi con i fornitori, seguì lo sviluppo dello stile con Marcello Gandini fino alla realizzazione dei primi prototipi in alluminio e affidò all’Ing. Dario Trucco la progettazione, la costruzione dei prototipi e la preparazione della produzione industriale delle carrozzerie.
A metà del 1990 Romano Artioli, che fino ad allora si era limitato a finanziare l’impresa come da accordi, cambiò le regole del gioco: forte della maggioranza azionaria ridimensionò il ruolo di Stanzani ad Amministratore Delegato, sottoposto a un CdA non previsto dallo statuto societario, si nominò Presidente e cominciò ad interferire sia nella gestione aziendale che in quella tecnica, nonostante non avesse alcuna esperienza industriale.
Tra i molti disaccordi, la decisione di Artioli di modificare la carrozzeria della EB110, per ragioni estetiche e tecniche, e la gestione delle risorse economiche.
L’ing. Stanzani, non riuscendo più a condurre né l’azienda né lo sviluppo della EB110 secondo i suoi progetti, si oppose con i mezzi che aveva a disposizione, ma trovandosi in minoranza fu estromesso dal CdA. Cinque anni più tardi la Bugatti Automobili fu dichiarata fallita.
LE CARATTERISTICHE TECNICHE DELLA BUGATI EB110
L’idea di Stanzani era di costruire vetture innovative con prestazioni superiori a quelle prodotte dai concorrenti più qualificati, come aveva già fatto in Lamborghini con la Miura e con la Countach.
Per vincere questa sfida, nella sua EB110 fece confluire diverse novità: il gruppo motopropulsore centrale riuniva in un unico corpo il motore, l’innesto a frizione, il cambio, i differenziali centrale e posteriore; le sospensioni erano previste a flessibilità variabile; il telaio monoscocca era in “honeycomb” e la carrozzeria in alluminio con profilatura fortemente aerodinamica; i serbatoi del carburante erano disposti centralmente.
Il progetto di Stanzani prevedeva un rapporto peso/potenza intorno ai 2-3 Kg/CV, dimensioni massime in 4100-4200 mm di lunghezza e 1850 mm di larghezza per contenere la resistenza dell’aria all’avanzamento, peso massimo di 1300 Kg, ottenere una potenza di 525-550 cv erogabili con progressione utilizzabile dai 1000 fino ai 9000 giri/min ed oltre, e raggiungere velocità superiore ai 330 km/ora. Per fare questo, decise di distribuire i pesi il più possibile in posizione baricentrica e compatta, non solo il gruppo motore e cambio, ma anche i serbatoi. Di scaricare a terra l’elevata potenza disponibile, ripartendola permanentemente su quattro ruote, di adottare un telaio molto rigido, di adeguare le sospensioni ai diversi impieghi dell’autovettura, di contenere l’ingombro del tunnel centrale.
Il risultato fu un’auto leggerissima e agilissima e, grazie al disegno di Gandini, bellissima.
Dopo la partenza di Stanzani, Artioli fece modificare alcuni capisaldi del suo progetto senza valutare l’impatto che queste modifiche avrebbero comportato sui costi e sui tempi di sviluppo.
Fece sostituire le ruote posteriori scelte da Stanzani con quelle molto più larghe indicate da Michelin. La prima conseguenza fu l’allargamento della vettura da 1800 a 2000 mm, che portò alla necessità di ridisegnare la parte posteriore della vettura e ad una diminuzione della velocità massima.
Un’altra modifica fu quella di commissionare alla Aérospatiale i telai in carbonio. Questo non comportò miglioramenti sostanziali alle prestazioni e provocò un aumento, questo sì sostanziale, dei costi di produzione. All’epoca il carbonio non era ancora stato utilizzato da nessuna casa automobilistica per la costruzione delle strutture delle auto perché si trattava di una tecnologia che richiedeva investimenti ingenti sia come costi che come dimensione degli impianti di produzione e lasciava aperti problemi quali quello della riparabilità dei telai eventualmente danneggiati delle auto vendute in tanti paesi che non conoscevano la tecnologia del carbonio. Per questo Stanzani riteneva la scelta assolutamente prematura e inopportuna.
Infine, la modifica dello stile chiesta da Artioli a Gandini per soddisfare i suoi desideri estetici, senza permettergli di completare il suo lavoro.
Nonostante le modifiche che ne avevano notevolmente aumentato il peso, la EB110 era l’auto di serie più veloce del mondo. La rivista tedesca Auto Motor und Sport infatti la sottopose a prove confrontabili con altre vetture, riscontrando una velocità massima di 336 Km/h e un’accelerazione sul chilometro, con partenza da fermo, in 21.3 secondi.