Dopo le rivelazioni di Alan Freedman e quelle dell’ex-ministro del tesoro degli USA, chi ancora dubita del fatto che Berlusconi nel 2011 fu vittima di un complotto, o è un incorreggibile ingenuo, oppure semplicemente nega l’evidenza per partito preso. Noi non abbiamo dovuto attendere né le dichiarazioni di quel giornalista, né quelle dell’ex-ministro, per renderci immediatamente conto (e lo scrivemmo a quel tempo) che in pratica si trattava di un colpo di Stato e di uno scippo al volere maggioritario degli italiani.
Nel novembre 2011 Napolitano portò a termine il proposito, coltivato da mesi, di estromettere dal governo chi era avversato da gran parte dell’establishment politico, finanziario e mediatico, nazionale ed europeo. Lo crisi dello spread quindi non dipese da reali motivazioni economiche; lo spread fu usato dagli avversari politici interni, che vergognosamente anteposero il proprio interesse a quello del Paese, ai quali si aggiunsero la Germania e la Francia che, in una tempesta perfetta, fecero pesare le proprie convenienze a danno di quelle dell’Italia.
Quanto agli Usa, c’è motivo di dubitare che in quel frangente (come dice di credere Berlusconi) Obama si comportò bene. Nonostante si sia sempre dichiarato amico degli USA, Berlusconi aveva riscosso poche simpatie presso il loro establishment. E inoltre gli americani ritenevano che la sua amicizia con Putin risultasse in contrasto con i loro interessi. Questo, a parere di chi scrive, fu un abbaglio degli statunitensi. L’avvicinamento di Putin e della Russia all’Occidente e alla stessa Nato, a cui Berlusconi aveva largamente contribuito, era infatti un risultato positivo per tutti. E lo possiamo constatare oggi, quando tali risultati vengono cancellati per la crisi in Ucraina, che ci ha fatto retrocedere quasi ai tempi della guerra fredda.
Lo stesso si deve dire (e anche questo lo scrivemmo a suo tempo) per l’intervento militare in Libia, non a caso sollecitato insistentemente anche da un bellicoso Napolitano. Il povero Gheddafi, per il quale sia ben chiaro non abbiamo mai nutrito la minima simpatia, probabilmente sarebbe ancora vivo se, invece che con Berlusconi e con l’Italia, avesse fatto accordi e avesse servito gli interessi della Francia e degli Usa. Molti governi dittatoriali esistono nel mondo, senza che l’Occidente si senta in dovere di intervenire. L’elenco è lungo, ma la buona coscienza dell’Occidente funziona solo sporadicamente e a comando di pochi.
Oggi la situazione dell’Italia si sta aggravando a causa della crescita di consenso verso il movimento di Grillo. Le elezioni europee avranno un’immediata ripercussione anche nella politica interna, e occorrerà poi vedere quale sistema elettorale sarà approvato. Risulta pertanto più evidente la gravità della scissione di Alfano. Hanno diviso il centrodestra e, con il loro cinque o sei percento, non riusciranno mai ad essere risolutivi. Invece hanno fatto sì che il M5S possa arrivare al secondo, se non al primo posto (dopo gli ultimi scandali nel Pd). C’è quindi il rischio, in futuro, di un ballottaggio tra il Pd e il M5S. E, dato che non esiste limite al peggio, non vorremmo avere la disgrazia di un Grillo Urlante a palazzo Chigi, e in grado di mettere in atto il suo distruttivo programma dirigistico. I demagoghi sono pericolosi, cari connazionali, e state correndo il rischio di doverlo soffrire sulla vostra pelle.
Per ciò che riguarda l’immigrazione, ci viene alla mente Fini che, quando era ancora di destra, collaborò a frenare l’assalto degli extracomunitari alle nostre coste. Ma cambiò idee e, da presidente della Camera, orchestrò l’inaudita iniziativa di chiedere la caduta del governo della stessa maggioranza che lo aveva eletto. Gli andò male, ma altri hanno poi portato a termine quel proposito.
Adesso che la sinistra ha abolito il reato di immigrazione clandestina e che insiste irresponsabilmente nel voler introdurre la cittadinanza per nascita (lo ius soli), gli antichi e i nuovi buonisti sono serviti.
In un paese dove esiste grave mancanza di posti di lavoro e di abitazioni, stiamo accettando ogni giorno migliaia di nuovi arrivati. E ci sono altri milioni di persone che vorrebbero venire da noi per partecipare, per molto o poco che sia, al benessere creato dal secolare lavoro di generazioni di italiani. Qualcuno finalmente fissi dei limiti. Si dovrebbe tornare a fermare gli scafisti e i barconi all’origine, come aveva fatto il governo Berlusconi. E i soldi spesi per andare a prendere decine di migliaia di poveretti, per poi assisterli nei centri di accoglienza, andrebbero spesi piuttosto per aiutarli nei paesi da dove provengono. Una scuola o un acquedotto creato laggiù, devono valere più di un sofferto soggiorno in fatiscenti centri di accoglienza, da dove poi si incamminano verso un futuro di difficoltà e spesso di delinquenza, dato che il 36% dei reclusi nelle carceri italiane sono stranieri (dati Istat 2011).
L’Italia non può essere lasciata sola ad affrontare questa emergenza, che rischia di compromettere irrimediabilmente la nostra futura coesione sociale. Anche su questa vitale questione, oltre che sulla gestione dell’euro, dovremo misurare la capacità del nostro governo, e la validità dell’Unione Europea. Una reazione di sano orgoglio nazionale, sarebbe necessaria in queste elezioni europee. Lo pensino gli elettori e vadano tutti a votare, pensando al futuro e senza farsi condizionare dalle proprie contingenti esasperazioni.
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