Italia di nuovo nel baratro, Renzi nella bufera. Uno autentico choc per il premier. “È peggio di Berlusconi”, l’aggressione di D’Alema non finisce più. Un autentico martello, nel segno della minoranza Pd. Stefano Fassina la sua eco, il controcanto della politica buona solo a criticare, a dividere, mai ad operare nell’interesse del Paese e ad unire.
Gli ultimi dati Istat hanno scatenato vibranti accuse e nuove polemiche. L’Italia è ripiombata nel coma, lo dicono i numeri, quei dati che allarmano il Paese seminando nuove pesanti inquietudini. L’Istat segnala infatti un vistoso calo dell’occupazione, quantificabile in 36 mila posti in meno a luglio. Decisamente sconfortante il dato che si riferisce ai giovani, costretti ad una grave emergenza. Si chiude malissimo il mese di agosto e le previsioni non incoraggiano speranze di ripresa. Laddove da Palazzo Chigi la voce del Governo annuncia dati positivi nei primi sette mesi del 2016.
I dati negativi Istat danno fiato e robustezza alle contestazioni dell’opposizione. Renzi si ritrova praticamente sulla graticola e pare stia maturando un’idea: quella di un rinvio del referendum sulle riforme costituzionali. Funzionerebbe da alibi il terremoto che ha seminato paura e morte in Centro Italia, scoperchiando nuovi scandali, grandi superficialità, strafottenze e ruberie ai danni del territorio. Renzi invocherebbe appunto il terremoto per rinunciare al referendum nel 2017. La legislazione andrà comunque avanti fino al 2018, come previsto.
I dati Istat impongono due domande. Secche, precise, ineludibili: ma allora Job Act e riforme non hanno funzionato? Le risposte sono presenti nei riferimenti forniti dall’Istituto Nazionale di Statistica. Il mercato del lavoro ha subito una brusca, inattesa battuta d’arresto, a capo di quattro mesi segnati dal recupero. La disoccupazione giovanile risale al 37,3% con un balzo, anche questo non atteso, non previsto, di due punti percentuali in mese. In Italia si registrano da giugno 63mila occupati in meno e 53mila inattivi in più. Una brutta pesantissima sberla, questa. Certo, la tendenza permane comunque positiva. La crescita è di 266 mila occupati nell’ultimo anno, dei quali 244 mila assunti a tempo indeterminato. Il tasso di disoccupazione, di conseguenza, diminuisce leggermente all’11,4% all’11,6 di giugno. In virtù di quale arcano? Semplicemente questo: l’indicatore di misura di chi si è affacciato sul mercato del lavoro nelle ultime quattro settimane non registra gli sfiduciati che non cercano occupazione.
L’Istituto di Statistica ha diffuso anche dati provvisori sui prezzi. I numeri indicano ad agosto un nuovo calo dello 0,1% rispetto all’anno precedente e un aumento dello 0,2% rispetto a luglio. Il calo dell’occupazione è il primo che si verifica dopo quattro anni diciamo così buoni. Siamo al cospetto del boom della disoccupazione giovanile. Una doccia fredda sugli entusiasmi e l’ottimismo del Governo. Matteo Renzi, da parte sua, sottolinea che la disoccupazione è passata, con il suo Esecutivo, dal 13,1% all’11,4%. E il Pial da – 1,9% a 1%. Questo e altro ha scritto il premier, lasciando trapelare una possibile stima aggiornata per la crescita nel 2016. Pubblicati ad aprile con il Def, gli ultimi dati del Tesoro parlavano di +1,2%.
Il presidente del Consiglio ha affidato le valutazioni del Governo a una enews. “Siamo bombardati dai numeri, dalle statistiche, dalle cifre. Sembra impossibile conoscere la verità. Ma i numeri in nostro possesso sono chiari. Le cifre non mentono”. La risposta a Renzi è arrivata da Renato Brunetta, il capogruppo di Forza Italia alla Camera, sempre acido e fantasiose nelle repliche. “Qualcuno a Palazzo Chigi regali una calcolatrice a Renzi. Gli occupati, a luglio, sono meno 63 mila rispetto a giugno. I dati chiari”. I soliti giochini anche aritmetici della polizia, ognuno i dati li manipola a proprio uso e consumo. I numeri sono gli stessi, sono l’uso e l’interpretazione che li fanno differenti. L’esame dei dati Istat è comunque meritevole di grande attenzione. I numeri vanno guardati nel dettaglio, è così emerge che il calo dell’occupazione a luglio è imputabile solo ai lavoratori autonomi, che diminuiscono di 68 mila unità in un mese. Mentre sono sostanzialmente stabili i dipendenti fissi e in leggero aumento quelli a tempo indeterminato.
Bisogna inoltre considerare una classe di lavoratori la cui espansione non accenna a fermarsi. Quella dei più anziani. I cinquantenni e oltre assistono all’aumento dell’occupazione di 48 mila unità in un mese. E di 402 mila unità in un anno. Ovvero i trattenuti nei posti di lavori dalla stretta dei requisiti necessari per la pensione. È questa, in realtà, l’unica fascia di età che può fregiarsi del segno più. Ma c’è anche un’altra verità che emerge dai dati Istat. L’Istituto Italiana di Statistica segnala che a luglio le persone più colpite sono le donne. Sì, loro, le lei, molto di più degli uomini.
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