Ha gioito, su Twitter, per la decapitazione del giornalista americano James Foley, ma non le e’ bastato. "Voglio essere la prima donna britannica ad uccidere un terrorista britannico o americano". Sul social network si firma ‘Muhajirah fi Sham’ che vuol dire ‘immigrata in Siria’, dove e’ corsa nel 2012. Ha un marito jihadista proveniente dalla Svezia, un bel ragazzo bruno che le appare accanto, lei completamente velata solo gli occhi vispi visibili dal niqab, in una foto che circola sul web come fosse quella di tanti altri. E come quello di molti giovani e’ lo slang che usa nel digitare in 140 caratteri il cinguettio agghiacciante che inneggia alla jihad.
Eppure Khadijah Dare – questo il nome della 22enne madre di un bimbo anche lui comparso su Twitter accanto a un AK57 – non e’ nata in una famiglia musulmana. Si e’ convertita all’Islam durante l’adolescenza vissuta nel quartiere di Lewisham, nel sud di Londra. E’ li’ che ha frequentato il locale centro islamico, apparentemente lo stesso cui erano legati i due assassini del soldato Lee Rigby, ucciso a colpi di machete in una strada dei quartieri meridionali della capitale da due giovani britannici di origine nigeriana, convertiti all’Islam radicale. Chi la ricorda bambina racconta che era molto carina, a volte si comportava come un ragazzaccio, ma era graziosa, con le fossette.
Della sua partenza per la Siria non aveva parlato a nessuno, lo si e’ appreso a cose fatte, da Facebook. Ed e’ sempre attraverso il social che ha trovato il marito combattente. Ha organizzato tutto la madre di lui, una svedese di origini turche che si fa chiamare Abu Bakr. Almeno cosi’ si dice. Dalla Siria Khadijah ha chiamato altre donne londinesi a raggiungerla, la’ dove "la legge di Allah e’ in vigore", scriveva mesi fa, redarguendo chi, a casa, ignora il suo appello: ”Nessuno e’ venuto da Lewisham, soltanto una sorella di 18 anni. Una vergogna”.
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