In un recente evento commemorativo della comunità italiana di Santo Domingo si è sostenuto da parte di uno dei relatori intervenuti che da anni la Farnesina sta chiudendo ambasciate e consolati, aprendo contestualmente consolati onorari. E con questo si è voluto lenire lo scontento dei connazionali, facendo rientrare la chiusura della nostra ambasciata nel quadro di una linea di condotta uniforme del Ministero degli Affari Esteri Italiano. Equivarrebbe a dire che "mal comune mezzo gaudio".
Non penso che condividere un "male" con altri possa essere motivo di gaudio intero o al 50%. Comunque in questa vicenda la condivisione del male viene totalmente a mancare e quindi il problema dell’eventuale "gaudio" non sussiste. Sono stati chiusi trentasei consolati, ma soltanto due ambasciate: l’ambasciata di Santo Domingo, tra le 25 maggiori sedi diplomatiche italiane del mondo, e l’ambasciata di Tegucigalpa dalle dimensioni minime e circondata dalle sedi diplomatiche italiane di diversi staterelli del centroamerica a un tiro di schioppo di distanza l’una dall’altra. Possiamo affermare che è stata chiusa una sola ambasciata, la nostra, di noi italiani residenti nella Repubblica Dominicana.
C’è da dire a titolo di cronaca che la Farnesina ha "chiuso" anche delle ambasciate mai aperte. Le sedi di Reykjavik (Islanda) e di Nouakchott (Mauritania) non solo non sono mai state attive ma non sono neppure mai esistite. Non hanno mai avuto nemmeno una casella postale! Per i servizi di ambasciata in Islanda, l’Italia si appoggia infatti alla sede di Oslo, per quelli in Mauritania al Senegal. In entrambi i Paesi non esiste, né è mai esistito uno di quegli ambasciatori con stipendi di quasi mezzo milione di euro l’anno tra una cosa e l’altra. Stipendi che, in barba alla spending review, non si riesce a ridimensionare. A rappresentare l’Italia sono semplici consoli onorari cui la Farnesina versa un modesto contributo (inferiore a 5 mila euro l’anno) che viene però accettato di buon grado, insieme ai benefici del passaporto diplomatico e dell’accresciuta visibilità a livello sociale. Il Ministero degli Esteri ha ammesso che "le sedi di ambasciata in Islanda e Mauritania non sono mai esistite fisicamente, ma erano state istituite per decreto e comportavano oneri di bilancio".
L’ambasciata di Santo Domingo una delle prime venticinque ambasciate italiane del mondo per numero di iscritti AIRE, superiore a quello delle altre sei ambasciate centroamericane e caraibiche messe insieme, è stata chiusa per motivi di risparmio. Abbiamo dimostrato che non c’è stato alcun risparmio per quanto segue:
• la nostra ambasciata si autofinanziava,
• i suoi dipendenti sono stati trasferiti ad altre sedi diplomatiche,
• è stato insediato sul posto un diplomatico e due impiegati di ruolo in forza all’interno della missione UE e dal costo complessivo non inferiore a 500.000 euro l’anno,
• l’ambasciata di Panama ha dovuto aumentare il suo personale di ruolo e contrattista e ha traslocato i suoi uffici in uno stabile di maggiori dimensioni e più costoso,
• sono aumentate esponenzialmente le spese postali e di trasferta del personale.
La chiusura dell’ambasciata italiana di Santo Domingo ha rappresentato per la Farnesina tutta una serie di spese aggiuntive e nessun risparmio. L’utilità di queste spese si vanificherà ridicolamente il giorno in cui – come quasi annunciato – la nostra ambasciata sarà riaperta.
Le ragioni della rimozione dell’ambasciata italiana di Santo Domingo vanno cercate a mio avviso all’interno del conflitto di interessi instaurato da Mario Monti nel 2011, quando insediò nella Farnesina il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi e il dirigente della stessa Mario Giro. La Comunità di Sant’Egidio ovvero l’Onu di Trastevere non è un centro di riabilitazione per tossicodipendenti ma un vero e proprio doppione cattolico della Farnesina, con la sola differenza che i beneficiari dei suoi servizi sono in stragrande maggioranza stranieri poco abbienti. Questo colosso internazionale si avvale, come ogni istituzione di beneficenza, dell’apporto di terzi, in particolare dei governi degli stati dove interviene. Se prima bussavano alla porta della Farnesina per chiedere un’elemosina, dopo tale nomina alla guida della cooperazione internazionale questo non è stato più necessario. Potevano attingere alle risorse direttamente! E siccome dicevano gli antichi che per risolvere gli enigmi più astrusi bastava porsi la domanda "Cui prodest" (chi se ne beneficia), ecco pronta la risposta alla domanda del perché la nostra ambasciata è stata chiusa. Se ne è beneficiata la Comunità di Sant’Egidio? Come mai? C’entra forse la cooperazione, i fondi destinati ai terremotati di Haiti, l’insabbiatura di qualche indagine su vicende poco chiare? Tante voci che girano… Di fatto Mario Giro ha voluto ostinatamente e ingiustificatamente chiudere l’ambasciata di Santo Domingo e i suoi legami con la Comunità di Sant’Egidio non sono un segreto per nessuno.
Volendo trovare coincidenze tra la chiusura della nostra ambasciata e la chiusura a livello mondiale di tanti consolati, non si può non notare che a essere chiuse sono preferibilmente le sedi i cui beni immobili sono di proprietà demaniale. Questi successivamente vengono di regola svenduti. La differenza tra il prezzo di mercato e il prezzo di realizzo da svendita rappresenta un margine del quale i burocrati promotori di queste "operazioni" potrebbero avvantaggiarsi. Comunque i beni immobili della nostra ex sede diplomatica non faranno mai questa fine, semmai torneranno alla famiglia del donatore. Peccato per loro, per gli stessi "promotori" di sempre, che questo evidentemente non lo sapevano.
Altra coincidenza è l’affidamento del servizio visti in outsourcing a società paravento di società operative con sede in paradisi fiscali. Degno di menzione a questo riguardo è il fatto che i burocrati della Farnesina al primo sentore di scandalo visti nel 2013 hanno sospeso il servizio devolvendolo, guarda caso, a una società con sede alle Mauritius. Eccesso di zelo?
E a fronte di tanto risparmio che non c’è, viene anche aperta un’ambasciata in Mongolia dove ci sono 32 italiani iscritti all’AIRE. Una contraddizione sbalorditiva! Notiamo però che i "posti" del corpo diplomatico vengono mantenuti inalterati. È in atto un braccio di ferro tra burocrati e diplomatici?
Un’ambasciata si chiude e un’altra si apre. Notiamo anche che i nostri burocrati della Farnesina impongono spesso e volentieri in un modo o nell’altro la loro volontà che prevale su quella dei politici. Ora per esempio i politici hanno deciso di riaprire la nostra ambasciata e i burocrati hanno detto di NI, né sì né no: "Non abbiamo niente in contrario… quando ci saranno i soldi la riapriremo…". Ma i soldi non ci saranno mai! Agli occhi dei capricciosi burocrati della Farnesina potrebbero essere troppe le destinazioni prioritarie di questi fantomatici soldi.
E infine una considerazione banale: dai funzionari di governo si chiede non solo di essere onesti, ma anche di apparire tali. Conflitti di interessi e operazioni poco trasparenti che danno adito a sospetti di sorta dovrebbero essere evitati… Chi ha orecchie per intendere intenda!
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