Una Juve così non la vedevo da anni. Almeno dai tempi di Fabio Capello. E non voglio andar più indietro per non scomodare la Storia scritta da Trapattoni e Lippi. Perché poi questa è la Juve di Antonio Conte, prodotto esclusivo della sua competenza e del suo temperamento. Unico.
La Juve di Capello era imbottita di campioni le cui virtù – ottimamente sollecitate – realizzavano una squadra potente. Anzi: prepotente. Questa no, questa è una squadra aperta ad ogni soccorso, illuminata dalla classe di Pirlo, dall’esperienza dell’altro Grande Vecchio, Buffon, e dalla forza di Chiellini, intorno ai quali si muovono guerrieri stagionati come Barzagli, tornato mondiale, Lichtsteiner, Pepe e Giaccherini, strepitosi tattici, insieme a frutti del vivaio rivalutati come Marchisio e De Ceglie e combattenti appassionati come Matri, Quagliarella e Vidal e gli altri che si succedono – vedi il giovanissimo Marrone – secondo un turnover involontario rivelatore di una compattezza inaudita. E quando serve, ecco Del Piero con lampi di classe e di giovinezza. Esagero? Be’, vista Juventus-Udinese posso dire che il nostro calcio non ha bisogno di lezioni straniere nè di correttivi o magìe esotiche. Neanche dal punto di vista estetico, quando un allenatore come Guidolin, condottiero della squadra più tecnica del torneo, accetta la sfida “a viso aperto”, terminologia di solito in uso per narrare disfatte qualunquiste mentre la sua Udinese è stravincente e mai deludente: sabato sera, ad esempio, è bastato vedere all’opera quel fenomeno di Armero per confermare che a Udine è in piena funzione l’Università del Pallone.
La Juve di Antonio Conte, squadra che avanza ora a ondate, secondo aggressivi schemi rugbistici, o come una marea pronta a ritirarsi e a invadere di nuovo il territorio avversario, è fondata su un forte dispendio di energie che solo in un paio di recenti turni ha fatto dire di un motore in riserva: ma evidentemente gli allenamenti di recupero sono prodigiosi, così come le scelte tattiche che continuano a contraddire chi dava Conte fissato sul 4 – 2- 4. Contro l’Udinese ha esibito un prudente quanto speculativo 5-3-2, il modulo preferito dal “catenacciaro” Edy Reja, un altro che può fare tranquillamente a meno. L’aggressività dello juventino sembra avere contagiato l’intero campionato, a partire dalla retrovie, dove un Lecce tecnico e mobilissimo – con un grande portiere, Benassi, e un giovane fuoriclasse, Muriel, di scuola udinese – ha sorpreso e matato l’Inter tornata ai vizi di tre mesi fa; bello e focoso anche il Bologna che forse per un eccesso di autostima ha regalato il pareggio alla Roma sorpresa dalla vivacità di Diamanti e del solito Di Vaio. E’ tornato in grande forma il Palermo, per nulla distratto dalla leggerezza del Novara; ha ritrovato verve la Fiorentina non solo di Jovetic ma di un rasserenato Montolivo; in ripresa anche l’Atalanta dopo una forte depressione dovuta anche agli scandali che le piovono addosso. Sembrava difficile migliorare al fatidico giro di boa, sono convinto che vivremo un campionato sempre più appassionante. Nota dolorosa, il Napoli di Mazzarri: dal turnover di Champions è passato al turnover di Coppa Italia. Una scelta sciagurata che mortifica Cavani e i suoi fratelli.
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