Sono poco meno di mezzo milione gli italiani che vivono nel Regno Unito, di cui circa cinquantamila solo a Manchester, un luogo ricco di opportunità diversificate ed accessibili: da offerte di lavoro più vantaggiose ad una formazione universitaria completa, passando “per una migliore valorizzazione del singolo, delle sue passioni e dei suoi talenti”. È così che alcuni italiani in Inghilterra descrivono questa città: tra loro ci sono Noemi e Sharon.
Noemi ha 37 anni e lavora come psicoterapeuta. Racconta che vive a Manchester da undici anni dopo essersi trasferita insieme a suo marito.
“All’epoca studiavo in Italia – spiega all’agenzia 9colonne – ma ho deciso di lasciare tutto e di conseguire la laurea in Inghilterra. Sono una persona estremamente creativa: oltre ad essere una psicoterapeuta sono una poetessa, faccio danza ed anche teatro. Sono riuscita a conciliare perfettamente le mie passioni e la mia creatività con la mia professione, infatti lavoro moltissimo tramite terapie espressive che comprendono l’applicazione delle arti creative”.
Noemi sostiene che essersi trasferita a Manchester abbia influito tantissimo sulla sua realizzazione personale: “Sono nata e cresciuta a Latina – continua – che è una città con tante cose da offrire, ma mai quanto Manchester. Qui ho potuto partecipare a tante serate di poesia, danza, recitazione, che a Latina è difficile vengano organizzate. Manchester è stata per me un vero e proprio trampolino di lancio, perché mi ha permesso di poter applicare e godermi appieno il mio lato creativo, costruendo su di esso gran parte del mio approccio terapeutico”.
Un’altra differenza che Noemi ha notato è quella che ha a che afre con il sistema universitario: “Qui per me è stato molto più semplice studiare e laurearmi. Inizialmente mi ero iscritta all’università in Italia ma non sono mai riuscita a trovarmi bene, mentre in Regno Unito l’approccio è completamente diverso. Non ho dubbi sul fatto di essere un ‘cervello in fuga’: sono sempre stata una persona piena di risorse creative, e non mi sono mai sentita apprezzata e ricercata dall’Italia per questo. Qui, invece, mi sono potuta formare e sviluppare nella direzione più adatta a me. Certo, mi rende triste il pensiero di essere lontana da casa: quando sono partita ero profondamente arrabbiata con l’Italia per tutte le volte che mi aveva voltato le spalle. Ora posso dire di provare per lei un amore tormentato e conflittuale, dovuto alle mancate opportunità, riconoscendo, però, che lì si trovano le mie radici: l’Italia è una terra che mi manca e a cui posso dare amore da lontano”.
Sharon ha 26 anni e vive in Regno Unito da cinque. “Mi sono trasferita per avere più opportunità lavorative ed ho frequentato qui l’università proprio per questo motivo, laureandomi in giurisprudenza. Adesso lavoro come amministratore database per un’azienda internazionale di ingegneria che si occupa di consulenze e costruzioni” racconta Sharon.
“Qui il corso di giurisprudenza dura tre anni – continua parlando con 9colonne – ed ho cominciato a lavorare subito dopo essermi laureata. Sapevo che studiando in Inghilterra sarei potuta avanzare molto più velocemente in termini di carriera e raggiungere molti più obiettivi, soprattutto considerando la mia giovane età: penso che in Italia ci sia una sorta di pregiudizio nei confronti dei giovani, spesso considerati impreparati ed inesperti anche con anni ed anni di studio alle spalle. Qui, invece, sono riuscita ad affermarmi e realizzarmi molto velocemente, e sono molto soddisfatta del ruolo che ricopro e della mia carriera. Non penso che se fossi rimasta in Italia sarei riuscita a compiere tutto questo e a poter essere così sicura e indipendente a livello economico: purtroppo c’è molto meno lavoro, meno sostegni economici ed investimenti che consentano ai giovani di poter fare esperienza anche prima di ottenere la laurea, per uscire dall’università già sapendo concretamente cosa fare e dove dirigersi. Credo che forse avrei potuto offrire di più all’Italia, ma so che per molte ragioni avrei sprecato il mio potenziale: è triste pensare di dover lasciare il proprio Paese, che dovrebbe essere il primo a supportarti, per poterti costruire una vita che ti ripaghi dei tuoi sforzi. Mi definisco un cervello in fuga – afferma Sharon – ma tra i miei sogni c’è quello di tornare in Italia un giorno. Devo ammettere, comunque, che tutto quello che sono, che faccio, e che potrò fare anche per il mio Paese lo devo all’Inghilterra”, conclude.