L’intermittente ripresa del 2015 non ha migliorato la condizione economica degli italiani, ed anzi la fascia dei più deboli si è ampliata. Primo effetto evidente il rafforzarsi dell’emigrazione verso l’estero, mentre gli immigrati che chiedono la cittadinanza italiana non aumentano più. Lo certifica oggi l’Istat in due report, mentre Confcommercio registra una nuova frenata dei consumi. Ed all’orizzonte, se l’inflazione dovesse ripartire nei primi mesi del 2017 dopo il rialzo del petrolio, c’è già chi chiede di fermare il Qe della Bce.
Trema la nostra fragile finanza, e poi a cascata anche i bilanci di chi oggi povero non è ancora.
Dai dati Istat del report ‘Condizioni di vita e reddito’, emerge che nel 2015 la popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale è pari al 28,7% del totale, si tratta di 17.469.000 individui. Erano il 28,4% nel 2014. Tra questi un 19,9% vive in famiglie che nel 2014 avevano un reddito equivalente inferiore al 60% del reddito mediano.
L’Istat indica come a rischio peggioramento chi vive in famiglie con almeno 5 componenti (la stima passa dal 40,2% al 43,7%) e, in particolare, tra chi vive in coppia con almeno tre figli (da 39,4% a 48,3%, pari a circa 2.200.000 individui).
Quasi la metà dei residenti nel Sud e nelle Isole (46,4%) è a rischio di povertà o esclusione sociale, contro il 24% del Centro e il 17,4% del Nord. Livelli di grave deprivazione materiale più che doppi rispetto alla media italiana si registrano in Sicilia e Puglia dove più di un quarto degli individui si trova in tale condizione.
Tra coloro che vivono in famiglie con almeno un cittadino non italiano il rischio di povertà o esclusione sociale è quasi il doppio (49,5%) rispetto a quello di chi vive in famiglie di soli italiani (26,3%). Non è un caso quindi che negli ultimi cinque anni le immigrazioni si siano ridotte del 27%, passando da 386mila persone nel 2011 alle 280mila del 2015.
Le emigrazioni, invece, sono aumentate in modo significativo, passando da 82mila a 147mila persone coinvolte. Sembra di leggere i dati anagrafici di inizio XX secolo quando gli italiani invasero le Americhe. Il saldo migratorio netto con l’estero, è ancora positivo per 133 mila unità, ma si tratta del valore più basso dal 2000, e non è più in grado di compensare il saldo naturale largamente negativo di 162mila persone.
Purtroppo sono sempre più spesso i laureati, i cosiddetti ‘cervelli’ ad andarsene: i laureati italiani con più di 25 anni di età che hanno lasciato l’Italia nel 2015 sono stati quasi 23 mila, in crescita del 13% sul 2014. Il report ‘Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente’ segnala come il Regno Unito da solo ne abbia attratti 3.790, pari al 32,1% del totale di immigrati Oltremanica.
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