Nel terzo trimestre del 2016 l’indebitamento netto delle AP in rapporto al Pil è stato pari al 2,1%, in lieve peggioramento (+0,1 punti percentuali) rispetto allo stesso trimestre del 2015. Lo rende noto l’Istat nel rapporto “Conto trimestrale delle Amministrazioni pubbliche, reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società”. Il saldo primario delle AP (indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato positivo, con un’incidenza sul Pil dell’1,7% (1,9% nel terzo trimestre del 2015). Il saldo corrente delle AP è stato anch’esso positivo, con un’incidenza sul Pil dello 0,8% (1,5% nel terzo trimestre del 2015).
La pressione fiscale è stata pari al 40,8%, segnando una riduzione di 0,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono cresciuti dello 0,3%. La propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stata pari al 9,3%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. In presenza di un incremento congiunturale dello 0,2% del deflatore implicito dei consumi delle famiglie, il potere d’acquisto delle famiglie è aumentato dello 0,1%. La quota di profitto delle società non finanziarie, pari al 41,7%, è risultata invariata rispetto al trimestre precedente. Il tasso di investimento, pari al 19,4%, è aumentato di 0,3 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.
Gli italiani sono sempre più “formiche” e meno “cicale” e mettono da parte i soldi rimandando gli acquisti al futuro. Lo afferma il Codacons, commentando i dati diffusi oggi dall’Istat. “Nonostante nel III trimestre del 2016 si sia registrato un incremento del potere d’acquisto delle famiglie dell’1,8% su base annua e il reddito disponibile sia salito dell’1,9%, i consumi restano sostanzialmente al palo e la spesa dei cittadini non cresce come dovrebbe – spiega il presidente Carlo Rienzi – Questo perché gli italiani, in una fase di grande incertezza economica e politica, sono diventati sempre più ‘formiche’, ossia hanno incrementato il risparmio mettendo da parte i soldi, rimandando al futuro gli acquisti. Non a caso la propensione al risparmio risulta in crescita dello 0,6% rispetto allo stesso trimestre del 2015”. “Questo non è certo un bene per l’economia nazionale, perché attesta un clima di generale sfiducia da parte delle famiglie le quali, pur essendo in condizione di spendere di più rispetto al passato, continuano a contenere i consumi” conclude Rienzi.
“In merito ai dati appena pubblicati dall’Istat sul potere dell’acquisto delle famiglie è importante puntualizzare alcuni aspetti fondamentali – commentano in una nota Federconsumatori e Adusbef – Potremmo anche convenire sull’aumento del reddito reale di cui parla l’Istituto di Statistica, tuttavia ci preme sottolineare che il punto chiave della questione è un altro, poiché tale incremento viene nei fatti vanificato dall’attuale contesto socioeconomico. Consideriamo prima di tutto che il potere d’acquisto viene eroso dalle drammatiche vicende che hanno mandato in fumo i risparmi di centinaia di migliaia di cittadini per parecchi miliardi di euro attraverso l’abbattimento l’azzeramento di azioni e obbligazioni bancarie. Inoltre in questo quadro la questione principale è rappresentata dal livello allarmante raggiunto dalla disoccupazione. Il mantenimento di figli e nipoti che non riescono a trovare un’occupazione grava su genitori e nonni e porta ad un abbattimento del reddito reale di oltre 400 euro a famiglia”. “Da ciò derivano sia una forte contrazione dei consumi (76,7 miliardi di Euro) che la deflazione che ha caratterizzato il 2016” dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef.
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