E’ vero, come sottolinea sui social network Gian Luigi Ferretti, Coordinatore europeo del MAIE, che mai come in questa legislatura fra gli eletti all’estero sono presenti persone di cui è difficile persino ricordare il nome. Ed è vero anche che la politica, compresa quella che si occupa – o si dovrebbe occupare – di italiani nel mondo, ci ha abituato alle chiacchiere, al fumo e a pochissimi – probabilmente nessuno, per ciò che riguarda l’emigrazione – risultati concreti. E’ un dato di fatto e non una critica pretestuosa: mai prima d’ora fra i 18 parlamentari “italo-stranieri” alcuni deputati e alcuni senatori brillano per la loro assenza dal dibattito politico e per il loro dolce far niente in Parlamento.
“Non mi è mai capitato di non ricordarmi i nomi di tre o quattro eletti all’estero. Come si chiama il grillino? Come si chiama il senatore PD eletto in Australia? E quello eletto in Sud America? A proposito è vero che non parla italiano?”: se lo chiede Ferretti, che si sfoga su Facebook. Lo capisco bene. E se fa fatica Ferretti a ricordarsi nomi – e scommetto, anche volti – di alcuni eletti oltre confine, proprio lui che di italiani all’estero si occupa da una vita, figuriamoci gli altri, i connazionali residenti nei cinque continenti, quelli che – poveretti – dovrebbero essere il pensiero fisso dei 18, quelli a cui però non pensa nessuno. O quasi.
Lo ammetto, sono diversi i nomi degli eletti all’estero che a memoria non ricordo. E anche io, per la prima volta dal 2006, da quando cioè esistono a Roma 18 parlamentari che rappresentano gli italiani nel mondo, faccio fatica a ricordarne i volti. Sarà che la legislatura è iniziata da un paio di mesi o poco più? Sarà che il cervello non ha avuto il tempo di immagazzinare i dati? O sarà, invece, che non c’è nulla da immagazzinare perché il vuoto è totale?
Occhio: non solo si fa fatica a ricordare nomi e volti dei nuovi eletti, ma fra poco sarà difficile ricordare persino quelli di alcuni parlamentari eletti all’estero che oggi sono alla loro seconda o terza legislatura. Per qualcuno di loro, l’andazzo lo conosciamo: grande impegno in campagna elettorale, decine e decine – centinaia, in alcuni casi – di migliaia di euro da spendere sul territorio e in mailing list, e poi il silenzio. Il letargo. Del resto, pensateci bene: se uno ogni mese si ritrova depositati sul conto in banca 15mila e passa euro, faccia o non faccia, perché cavolo dovrebbe impegnarsi più di tanto? Tornerà a farsi sentire quando ce ne sarà il bisogno, quando il gioco varrà la candela, quando insomma si tratterà di riconquistare il proprio seggio a Roma. Intere legislature volano via, il conto in banca si gonfia, le case di proprietà aumentano, l’automobile è più bella e veloce. E chissenefotte degli italiani all’estero.
Sì, nemmeno io ricordo i nomi di alcuni eletti oltre confine. Ma sinceramente non ne sento nemmeno il bisogno. A che serve dare un nome al nulla?
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