Il panorama politico che riguarda il mondo degli italiani all’estero, ad osservarlo dalla riva del fiume come un cittadino qualsiasi, è assolutamente desolante. I vari rappresentanti degli italiani nel mondo che sono in Parlamento, nella maggioranza dei casi, sembrano avere dimenticato ormai da tempo la loro missione principale: la difesa dei diritti dei connazionali residenti oltre confine. E non credano, i 18 eletti all’estero, che gli italiani che vivono lontani dal BelPaese non se ne siano accorti, anzi.
Fra le tante lettere che ricevo, ieri mi ha colpito questa in particolare: “Molti eletti all’estero, dopo il voto, si sono letteralmente eclissati, nemmeno una visita, nemmeno un messaggio, niente! Dimostrando disprezzo verso chi li ha votati e verso il proprio Paese”. La email proviene dalla Spagna ed è firmata da Guido Rossi Vidal. Continua il lettore: “Siamo in molti a non volere più cadere nella truffa del voto all’estero, che fa arricchire persone indegne (che poi restano a Roma a fare i propri interessi, infiltrandosi negli ambienti parlamentari grazie al mandato regalatogli). Inoltre, così come é concepito (ben lontano dal pensiero di Tremaglia), il voto si presta a truffe ignobili da parte dei soliti esperti di propaganda e di politica che ben conosciamo…”.
Parole che fanno male, che pronunciate da un italiano nel mondo feriscono ancora di più. Ma le parole che avete appena letto non racchiudono forse in sé una sacrosanta verità? Più d’una, anzi. La prima: “Molti eletti all’estero, dopo il voto, si sono letteralmente eclissati”. Già, chi li ha visti più questi benedetti parlamentari? Quanto scrive il connazionale dalla Spagna posso confermarlo anche io, residente da anni nella Repubblica Dominicana, a Santo Domingo: sia nel 2006 che nel 2008, al momento delle elezioni politiche, piovevano richieste di appoggio elettorale da ogni città degli Stati Uniti e del Canada. Telefonate, email, incontri, lunghi discorsi e promesse gigantesche: “Vedrai che faremo questo e quest’altro, il nostro candidato si occuperà di ciò che davvero ci interessa, ci starà vicino, sarà sul territorio…” e tanta altra roba di questo genere. Promesse da marinaio. Dopo avere ottenuto il voto mio e di quelli che erano vicini a me, alla nostra associazione, al nostro giornale, i vari personaggi sono spariti, così come sono sparite le loro belle intenzioni. Quaquaraqua italo-americani all’arrembaggio a Roma, ecchissenefrega poi degli italiani nel mondo.
L’altra verità contenuta nelle parole del nostro lettore residente in Spagna, è quella relativa al voto all’estero, che “si presta a truffe ignobili da parte dei soliti esperti di propaganda e di politica che ben conosciamo…”. Il caso di Nicola Di Girolamo, senatore del PdL finito in gabbia perché accusato dai giudici di essere arrivato a Palazzo Madama con i voti della ‘ndrangheta, è solo la punta dell’iceberg. Chi può dire, in tutta onestà, di non avere approfittato di ogni grande o piccola occasione, per garantirsi anche un solo voto in più? Avanti, ‘cca nisciuno è fesso.
Troppi errori, troppo pressappochismo, troppi imbrogli e inciuci abbiamo visto dal 2006 ad oggi, da quando cioè esistono i 18 parlamentari eletti all’estero a Roma. Dunque? Il voto all’estero è da buttare? No di certo. Gli italiani nel mondo non sono mica italiani di serie B ed è giusto che possano esprimere anche loro il proprio voto. In realtà lo hanno sempre potuto fare: con la legge Tremaglia, possono farlo dal Paese in cui risiedono, per posta, ma soprattutto – con la nascita della circoscrizione estero – possono candidarsi al Parlamento e possono votare dei propri rappresentanti da inviare a Roma. Diritto di voto attivo e passivo, quindi. Ma con un meccanismo elettorale che – ormai è dimostrato – fa acqua da tutte le parti. Anche chi sosteneva, negli anni scorsi, che la legge Tremaglia era perfetta, si è dovuto ricredere. Lo stesso Tremaglia, padre della legge del voto all’estero, storico ministro degli italiani nel mondo, dopo il caso Di Girolamo – che Tremaglia considerava “la vergogna degli italiani all’estero” – aveva ammesso: la legge è da rivedere, così non va.
Non sappiamo ancora cosa verrà fuori dal cilindro dei nostri politicanti, per ciò che riguarda il voto all’estero. Ma se fossi nei panni di un legislatore, scriverei chiaro – fra le altre cose – che candidato all’estero può essere soltanto chi è residente all’estero – ma davvero, però, non sulla carta! – almeno da un tot di anni, cinque anni potrebbero bastare. Anticostituzionale, dite? Non è forse anticostituzionale il meccanismo di voto all’estero attuale, che non garantisce la sicurezza né la segretezza del voto?
Il fatto è che siamo tutti stanchi di fantocci messi in lista, candidati a rappresentare gli italiani nel mondo senza essere mai stati in realtà parte di quella che viene definita “l’altra Italia”.
Inserirei poi, come indicano già alcune proposte depositate in Parlamento, l’iscrizione obbligatoria al registro degli elettori, per chi volesse esprimere il proprio voto, e l’obbligo di inserire nel plico elettorale la fotocopia del proprio documento d’identità. Se ci fosse infine la possibilità di garantire sicurezza attraverso il voto elettronico, ancora meglio.
Meccanismo di voto a parte, ad oggi i partiti che si occupano di italiani nel mondo ci sembrano, chi più chi meno, tutti allo sbando. A parte qualche singola iniziativa, sembrano poco impegnati, come se in realtà non gliene fregasse nulla delle comunità residenti all’estero, limitandosi a qualche patetico incontro con i pochi onesti ostinati connazionali che ancora ci credono. Partiti in attesa di uscire dal letargo in prossimità delle elezioni, visto che fino a prova contraria gli italiani nel mondo votano e anche i loro voti servono per vincere. E per portare a casa un bel gruzzoletto attraverso i macroscopici rimborsi elettorali, necessaria garanzia dello spirito democratico a sentir loro, chiaro esempio della loro avidità a sentire la voce del popolo.
ricky@italiachiamaitalia.com Twitter: @rickyfilosa
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