Sono passate un po’ in sordina le parole pronunciate da Claudio Micheloni, senatore Pd eletto oltre confine, durante la presentazione di un libro sui militari italiani nel mondo. Ha detto Micheloni: “noi eletti all’estero non so se resteremo ancora molto, perché non siamo molto popolari”. E ha aggiunto: “gli eletti all’estero sono visti come elementi da cabaret, ma gli italiani all’estero sono un’altra cosa”, spiegando che “noi italiani nel mondo siamo integrati, siamo diventati pezzi dei Paesi in cui viviamo, delle loro culture ed economie, ma ci sentiamo italiani, abbiamo un senso di appartenenza e i nostri genitori ci hanno trasmesso questi valori”. Vero. Tanti italiani residenti all’estero sono molto più italiani di quelli che vivono nello Stivale. Ma non è questo il punto.
Il punto è che se gli eletti all’estero sono visti in Italia come “elementi di cabaret”, la colpa è degli stessi parlamentari – o di una parte di loro – votati dagli italiani nel mondo. Della serie “chi è causa del suo mal…”.
Come volete che venga visto dalla comunicazione italiana, per esempio, un personaggio come Antonio Razzi? Entrato in Parlamento nel 2006 con l’Italia dei Valori, oggi senatore di Forza Italia grazie a Silvio Berlusconi che l’ha messo in lista alle ultime Politiche, Razzi più che un politico è ormai visto dall’opinione pubblica come un personaggio comico, che fa ridere, di spettacolo. Da cabaret, appunto. Nulla di male e non se la prenda Antonio, ma le cose così stanno.
Anni fa scrivevo: “se Maurizio Crozza venisse a conoscenza di una figura come Razzi…”. Crozza alla fine se n’è accorto. L’ha scovato. Anche grazie al famoso video in cui Razzi spiegava, non sapendo di essere ripreso, “sono in Parlamento per farmi i cazzi miei…”. Di Pietro ha una grossa responsabilità in questo caso, quella di avergli aperto le porte del Parlamento senza probabilmente controllare che avesse i requisiti necessari per una carica così importante. Magari lo ha messo in lista considerandolo superficialmente, per l’origine abruzzese, perchè figlio del popolo, perchè italiano emigrato, ma non lo conosceva veramente. Il dado è tratto.
Juan Esteban Caselli, ve lo ricordate? Ex senatore PdL, uno che qui a Roma credeva di essere un dio. Parlava poco italiano, Cacho, proprio come Razzi, ed in più era estremamente arrogante, presuntuoso. In una intercettazione telefonica Silvio Berlusconi, parlando di lui, disse: “Caselli? Per carità… quello lì è pericoloso, alla larga”. Chi aveva candidato Caselli? Il Popolo della Libertà, nel 2008. Delle liste estere si occupava Barbara Contini.
Nicola Di Girolamo? Un senatore finito malissimo. In galera. Accusato addirittura di essere arrivato a palazzo Madama grazie ai voti della criminalità organizzata. Stendiamo un velo pietoso.
Insieme a Di Girolamo, potremmo citare anche Basilio Giordano e Amato Berardi, che con Caselli, Di Girolamo e Sergio De Gregorio – quest’ultimo non eletto oltre confine – istituirono la fondazione “Italiani nel mondo”, che molto fece discutere già allora. De Gregorio è quello che ha confessato di essere stato “comprato” da Berlusconi con qualche milione di euro.
Massimo Romagnoli, deputato azzurro dal 2006 al 2008, è stato arrestato per traffico d’armi nel dicembre del 2014. Lui continua a sostenere la propria innocenza, e noi non abbiamo alcun motivo per credere che non sia così. Tuttavia la sua foto e il suo nome sui giornali di certo non hanno fatto bene al mondo dell’emigrazione e ai suoi rappresentanti.
Questi citati sono tutti casi estremi. Ma potremmo parlare, facendo riferimento a questa legislatura, anche di Francesca La Marca, eletta con il Pd e residente in Canada: belloccia, tipica femmina mediterranea, ma ancora politicamente immatura, incapace di ritagliarsi un proprio spazio all’interno dell’agone parlamentare. Fucsia Nissoli? A lei appartiene il record di cambi di gruppo parlamentare: chissà se finalmente ha deciso da che parte stare. Mario Caruso? Una delusione, per molti. In comune con Caselli e Razzi ha l’italiano zoppicante, e in comune con tanti altri colleghi ha l’incapacità di ascoltare, di sapere accettare le critiche per migliorarsi, di essere davvero un deputato in grado di cambiare le cose. Guglielmo Picchi… Picchi chi?
C’è anche Renata Bueno, altra bella ragazza, arrivata dal Brasile grazie all’USEI di Eugenio Sangregorio. Gentile, affabile, ipovedente. Di lei ricorderemo solo la sua altezza e il suo sensuale accento brasiliano. E che dire di Alessio Tacconi? L’unico grillino eletto oltre confine alle ultime Politiche, passato al gruppo Misto quasi subito dopo e qualche giorno fa salito sul carro di Renzi. Viene insultato sui social, dà la nausea alla base grillina e persino nel Pd viene visto con sospetto. Chissà se poi tutto questo a Tacconi interessa davvero, oppure in realtà se ne frega altamente, pensando alle migliaia di euro che ogni mese incassa come deputato.
Fra gli eletti all’estero, confessiamo, in questa legislatura ce ne sono alcuni di cui facciamo fatica persino a ricordare il nome, tanto sono risultati insignificanti a Roma.
Ma, più in generale, gli eletti all’estero non hanno brillato, nessuno di loro, per capacità, iniziativa, intelligenza politica. Soprattutto, nessun risultato concreto a favore del proprio elettorato, i connazionali residenti oltre confine. Sì, certo, fra i 18, chi più chi meno, si è dato da fare, ci ha provato: mai generalizzare, sarebbe sbagliato. Ma i risultati concreti, al di là dell’impegno anche forte da parte di qualcuno, non sono mai arrivati. Ci sembra piuttosto che stiano lì a tenersi stretto il proprio seggio, con tutto ciò che questo comporta, compreso stipendio di lusso e privilegi vari.
Dunque, Claudio Micheloni ha ragione quando dice che loro, gli eletti all’estero, sono visti come personaggi da cabaret. E forse è così perché se lo sono meritato. Unica consolazione, se vogliono, è sapere che non sono gli unici. In Parlamento sono in buona compagnia. Forse che personaggi come Scilipoti, anche se eletti in Italia, non sono ugualmente comici?
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