Sono 12 i deputati eletti dagli italiani nel mondo: vivono oltre confine, hanno casa all’estero. Alcuni di loro tornano nel Paese di residenza molto spesso. “La regola prevede che chi viene eletto all’estero possa tornare quando vuole nel luogo di residenza, anche una volta a settimana, quando e come vuole”, spiega Paolo Bracalini sul Giornale. Il guaio è che fra i 12 c’è chi vive oltre oceano, dall’altra parte del mondo: in Australia, nelle Americhe. E i biglietti costano un botto: anche perché la Camera a chi vive a Sidney o New York o Buenos Aires paga la business class. Sono viaggi lunghi, non vorremmo che gli onorevoli si affaticassero troppo a viaggiare in economy come fa la stragrande maggioranza delle persone.
Ma quanto spendono i nostri eletti all’estero in voli? Il conto è pesante: 850mila euro nel 2013, e per il 2014 ne sono previsti altrettanti. Le cifre vengono riportate nel bilancio della Camera alla voce “Trasporti aerei circoscrizione Estero”. Pensate che i 12 onorevoli eletti oltre confine spendono circa 70mila euro a testa, più di tutti i loro colleghi che sono 620 (13mila euro a testa circa).
Chi è residente in Europa, viaggia in economy. Ma chi vive più lontano, come detto, si siede in prima classe. Chi più, chi meno, i parlamentari tornano comunque più volte, nel corso dell’anno, nei propri colleghi. Scrive ancora Bracalini: “Sembra che l’onorevole Marco Fedi, del Pd, torni nella sua Sydney una decina di volte l’anno. E chissà quante volte torna a San Paolo l’onorevole Fabio Porta, originario di Caltagirone, eletto pure lui in Sudamerica col Pd. O con che frequenza rivede la sua Toronto, in Canada, la deputata Francesca La Marca”.
C’è di più. Altri soldi. Infatti, ciascun deputato eletto all’estero, oltre ai voli illimitati casa-Roma, “ha anche un plafond, un budget di circa 20mila euro, per «viaggi nella circoscrizione di elezione». Significa che un eletto nel collegio che va dal Polo Sud all’Africa all’Asia e Oceania, potrà prendersi un biglietto andata e ritorno per Bangkok, o per Malindi, o per Pechino, o per le Maldive – ovviamente per tenere il contatto col proprio elettorato, giammai per vacanze – e farselo pagare sempre dalla Camera dei deputati”.
Ora, nessuno vuole togliere il diritto a tornare a casa ai nostri parlamentari. Ma forse in tempi di spending review, in tempi di crisi economica, anche da parte loro sarebbe giusto dare un segnale. Chi viaggia in Europa potrebbe pagarsi il biglietto da sé e chi viaggia più lontano potrebbe contribuire con la metà del costo del biglietto. Del resto, i Nostri ogni mese incassano oltre 15mila euro. Non sono pochi. Rappresentano ciò che una persona “normale” guadagna con un anno di lavoro. Lavoro vero: ai “comuni mortali” non basta restare seduti su una poltrona per portare a casa una somma del genere.
Dunque, cari eletti all’estero, che dite? Siete pronti anche anche voi a fare la vostra parte?
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