Le procedure europee di infrazione a carico del nostro Paese si attestano a 84, di cui 63 per violazione del diritto dell’Unione e 21 per mancato recepimento di direttive.
Queste violazioni comunitarie comportano multe salatissime da pagare alla UE in forma di sanzione da parte del nostro Paese (centinaia di milioni di euro). Proprio per questo motivo il Parlamento (il Governo) ha recentemente approvato un decreto legge, il n. 69 chiamato il “salva-infrazioni”, che ha cercato di ridurre il numero delle procedure di infrazione gravanti sull’Italia e di prevenire l’apertura di nuove.
In questo contesto, purtroppo e inspiegabilmente, il decreto ha ignorato, e quindi non ha sanato, due importsnti procedure di infrazione ancora aperte contro l’Italia, in tema di Assegno unico univerale e di Reddito di cittadinanza.
La Commissione europea, come avevo da tempo denunciato con i miei interventi politici e le mie interrogazioni, aveva invitato l’Italia ad allineare la sua legislazione sul RDC al diritto della UE in materia di mobilità dei lavoratori avviando una procedura di infrazione (INFR2022/4024) ed aveva inoltre inviato una seconda lettera di costituzione in mora all’Italia (INFR2022/4113) per il mancato rispetto delle norme UE sul coordinamento della sicurezza sociale e sulla libera circolazione dei lavoratori sostenendo che l’introduzione dal marzo 2022 del nuovo assegno unico e universale per figli a carico – cui hanno diritto solo le persone residenti in Italia da almeno due anni a condizione che vivano in uno stesso nucleo familiare insieme ai figli – contrasta con il diritto UE in quanto non tratta i cittadini della UE in modo equo e si qualifica pertanto come discriminazione. Il decreto “salva-infrazioni” avrebbe quindi potuto e dovuto reppresentare lo strumento legislativo per modificare, come richiesto dalla Commissione europea, la normativa sul Reddito di cittadinanza (che presto diventerà Assegno di inclusione presentando le stesse problematiche) e sull’Assegno unico ritenuta non conforme al diritto dell’Unione europea in materia di libera circolazione dei lavoratori e di diritti sociali dei cittadini perché penalizzava (penalizza) soprattutto i nostri connazionali i quali rientrano in Italia ma anche i nostri connazionali residenti all’estero (i quali non solo non possono ottenere l’Assegno unico ma sono stati anche privati dell’assegno al nucleo familiare e delle detrazioni familiari per figli a carico).
Alla luce di queste procedure di infrazione l’Italia avrebbe dovuto rivedere al più presto i vincoli e i requisiti di residenza previsti dalle norme sul Reddito di cittadinanza e sull’Assegno unico per conformarsi alle norme della UE che vietano le discriminazioni basate sulla residenza e avrebbe dovuto trovare soluzioni adeguate per sanare le discriminazioni contro i nostri connazionali residenti all’estero. L’Italia non ha invece ritenuto opportuno nell’ambito del decreto n. 69 rispondere ai rilievi espressi dalla Commissione, con il rischio che ora la Commissione europea presenti ricorso per inadempimento davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee contro il nostro Paese.
Si tratta di penalizzazioni e ritardi che dimostrano un grave disinteresse di questo Governo per i diritti degli italiani che vivono all’estero e che noi continueremo a segnalare e contestare.
On. Fabio Porta
Deputato Pd eletto nella ripartizione estera America Meridionale