L’On. Calderoli ha proposto l’abolizione della “Circoscrizione Estero” dalle mandate elettorali future. Veltroni e Bersani sentenziano per un numero massimo alla camera di 300 Deputati, senza minimamente esprimersi sugli italiani all’estero. Nel mondo degli Italiani all’estero, le reazioni a queste proposte sono state tanto silenziose che nessuno se n’è accorto. Il bello è che neanche i Parlamentari eletti all’estesero, attualmente in carica, hanno espresso dissenso. Probabilmente è il senso di colpa che sta prendendo il sopravvento nelle loro coscienze, dopo due legislazioni in cui loro stessi si sono resi consapevoli dell’”inutilità” della loro presenza in Parlamento e all’interno delle compagini politiche di appartenenza.
Dall’aprile dello scorso anno, grazie al direttore Diaconale che mi ha ospitato nelle pagine del suo giornale, e grazie al direttore di ItaliaChiamaItalia, Ricky Filosa, che ha fatto lo stesso sul suo quotidiano online, mi sono impegnato in un’opera di divulgazione e conoscenza delle problematiche sugli italiani all’estero, esprimendomi, in particolare, sempre in maniera palesemente negativa, non sul voto degli italiani all’estero, bensì sull’esistenza della Circoscrizione Estero, anche e soprattutto in funzione dei risultati politici apportati dai singoli parlamentari: praticamente nulli!
Di conseguenza, è lecito in questo momento chiedere quanto siano costati allo Stato i 18 Parlamentari che ci rappresentano e, in termini di costo/efficacia, se è finalmente il caso di cancellare definitivamente queste “spese” che la legislazione stessa ha dimostrato di “dubbia” utilità.
Premessa questa valida considerazione, resta comunque un problema di più ampia risonanza: quanto sia giusto dare “rappresentatività” e “rappresentanza” politica a quei più di 3 milioni di elettori residenti all’estero. Ecco quindi che l’ottica critica si sposta dalla mera rappresentanza alla rappresentatività che il Parlamentare dovrebbe esprimere in ragione di quanto definito dalla legge elettorale. Nei giorni scorsi Pier Paolo Signeri a proposito della “legge elettorale” citava: “con l’attuale sistema di voto, denominato ‘porcellum’, ci troviamo in un vero e proprio sistema proporzionale in cui si votano i partiti e non i candidati, in cui si eleggono i rappresentanti in proporzione alla percentuale dei consensi delle singole liste e non dei voti ottenuti dai singoli candidati”, esprimendosi in definitiva “contro” la proposta DS (e di conseguenza anche contro la Calderoli) perché l’attuazione rappresenterebbe “il rafforzamento del regime partitocratico”, dando maggiore valore aggiunto al concetto di “casta politica” cui il bipolarismo ci sta abituando. E’ ovvio dunque che, nel caso del procrastinarsi del sistema “porcellum” la circoscrizione Estero non avrebbe alcun titolo per esistere, in quanto sarebbe la partitocrazia stessa a dover provvedere. Ben diverso potrebbe essere nel caso di sistema “maggioritario uninominale”, in cui ai cittadini viene chiesto espressamente di votare per la persona che stimano di più, stabilendo quel giusto, ma indissolubile, legame tra elettore e eletto. Non solo, ma nel caso citato si verrebbe definitivamente a concretizzare il principio che il Signeri ha definito “della rappresentanza territoriale e delle realtà locali, cioè del legame tra i candidati e i cittadini, tra i politici e la flora o la fauna o le acque o le pietre di uno specifico e ristretto habitat”. Giusto: il criterio della “Rappresentanza territoriale”! Ma in questo ambito mi risulta quanto mai difficile non dover più considerare quegli oltre 3 Milioni di elettori residenti all’estero. E allora, come conciliare il “dovere” di far esercitare il proprio diritto di voto per i cittadini all’estero con la “Rappresentatività Territoriale”? Basterebbe focalizzare l’attenzione sull’origine del problema: gli italiani all’estero hanno l’obbligo di iscriversi presso i Comuni di origine, che ne diventano unici responsabili, all’apposito Registro AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero). E, d’altra parte, a pensarci bene, l’emigrato italiano, a prescindere da dove decide di istallarsi, continua a identificare nel comune di nascita o di ultimo soggiorno in Italia le vere radici sentimentali e materiali che lo legano alla terra natia: l’Italia. Si tratta dunque di un richiamo all’identità nazionale espressa dai singoli che non può essere trascurata.
Nella logica dell’adozione di un sistema elettorale “maggioritario” torna dunque d’obbligo il voto per i cittadini italiani residenti all’estero, che quindi potrebbero esprimere la loro preferenza con riferimento ai collegi elettorali nazionali, dove risiedevano prima di emigrare. Così come il diritto di ogni elettore (dunque anche i residenti estero) di essere rappresentato a suo piacimento in Parlamento potrebbe divenire una realtà, altrettanto potrebbe essere ipotizzato per gli “eleggibili” AIRE. Chiaramente accentrando il quadro istituzionale di riferimento a livello di agglomerati di più Regioni, in ragione del numero di elettori AIRE presenti nelle stesse. Una ragione in più per cambiare la legge elettorale e andare verso forme di governo molto più rispondenti alle esigenze di rappresentare gli interessi di quella “identità nazionale”, fatta anche d’ italiani all’estero, grazie alla quale ancora oggi l’Italia riesce a mantenere credibilità e visibilità a livello internazionale.
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