Gianantonio Stella si è divertito sul Corriere a sparare sulla Croce Rossa. Facile, tanto facile che non si è neppure documentato, è andato avanti, dritto come un razzo, basandosi su dicerie e leggende metropolitane. L’articolo, che ha il chiaro intento di ridicolizzare il voto agli italiani all’estero, comincia così: “Sette anni sono passati, dalle prime denunce di brogli. Sette anni di promesse, impegni, pensosi bla-bla-bla. Eppure gli italiani all’estero torneranno al voto con le stesse regole pazze che hanno permesso raggiri d’ogni tipo. Come quello ripreso in un video dove dei ragazzotti nati e cresciuti in Australia, in cambio di una cassa di birra, riempivano in un garage di Sydney centinaia di schede elettorali per mandare senatori e deputati a Roma”.
Il video, eh? Questa storia del video viene poi ripresa più in giù nell’articolo con dovizia di particolari: “Quanto il sistema fosse a rischio, del resto, fu confermato come dicevamo dal candidato trombato Paolo Rajo, autore del video citato e girato nel garage col telefonino. Rajo raccontò a Repubblica.it che quel rito elettorale era così distante nella testa degli italiani «australianizzati», che l’amico siciliano organizzatore del broglio sembrava inconsapevole della gravità: «Mi ha detto candidamente "Ma Paolo, noi ti stiamo già aiutando, in garage c’è me figghiu cu atri boy frend che ti stanno a riempire le tue ballot paiper» cioè le schede".
Insomma il video sarebbe la pistola fumante, la prova provata. Ma come, signor Stella? Un giornalista solitamente attento e ben informato come lei non si è neppure scomodato a dare una sbirciatina a Google? Avesse chiesto "Paolo Rajo" avrebbe trovato ai primi due posti due notizie che fanno riferimento al fatto che il 21 luglio 2010, a seguito di accurate indagini, il GUP dispose il rinvio a giudizio di Paolo Rajo per diffamazione a mezzo internet in quanto risultò che il filmato era un falso costruito (neppure troppo bene) ad arte allo scopo di – appunto – denigrare il voto all’estero.
Non contento, lei persevera con un caso venezuelano: "Un episodio fra tanti, simile a quello denunciato in Venezuela da Antonella Buono che presentò intercettazioni di questo tenore: «Senta, le volevo dire che sono arrivate le tessere elettorali e noi in famiglia siamo dieci e sa, mi hanno detto di mandarle tutto per posta e che poi voi v’incaricate di riempirle…».
Perchè, dottor Stella, non si è preso la briga di fare un’indagine piccola piccola, facile facile, su come sian finita la "denuncia" di Antonella Buono? La faccia e ne renda conto sul Corriere.
Poi lei cita Di Girolamo, il famoso mostro in prima pagina, che "entrò al Senato con 25 mila voti. Poi saltò fuori, come avrebbe accertato la magistratura, che non viveva neppure all’estero: «Ha dichiarato falsamente di essere residente in Belgio, nel Comune di Etterbeek, Avenue de Tervueren n. 143. Tale affermazione si è subito rivelata falsa in quanto, tra l’altro, nel territorio del Comune di Etterbeek non esiste alcuna Avenue de Tervueren n. 143. Il Di Girolamo risultava assolutamente sconosciuto all’anagrafe belga»".
Anche da cià che lei scrive, è evidente che si tratta del caso di un tale che non è riuscito a fare la cosa più semplice del mondo: prendere la residenza in un Paese dell’Unione Europea per un italiano. Il nocciolo della qiuestione è il fatto che il Di Girolamo è stato tanto imbranato da indicare l’indirizzo sbagliato della casa che aveva affittato e quindi la sua residenza all’estero non era in regola, per vizio di forma, all’atto della sua candidatura e la sua dichiarazione risultò in un falso in atto pubblico.
Ma vuole spiegare cosa c’entri questo con i brogli delle voto all’estero? E’ la vicenda di un singolo che ha sbagliato e giustamente pagato. Fosse stato un po’ meno distratto, nessuno avrebbe potuto sindacare la sua legittima elezione. La legge Tremaglia non prevede nessuna anzianità di residenza all’estero.
Certo, parecchio tempo dopo le elezioni si venne a sapere che questo incensurato era da anni segretamente indagato dal Magistratura per operazioni
finanziarie illecite assieme a personaggi poco raccomandabili. Ma, signor Stella, anche questo che c’entra col voto all’estero? Di quanti parlamentari eletti in Italia sono uscite fuori storie simili? Dieci, venti, cinquanta?
Con ciò vogliamo affermare che non ci siano stati brogli nel voto all’estro? Assolutamente no, ci sono stati, eccome. Solo che il più eclatante, perpetrato in Sud America, è stato un delitto perfetto: tutti conoscono il colpevole e le modalità, ma nessuno ha le prove.
Dottor Stella, la invito ad un dibattito serio sul voto all’estero ed i pericoli di brogli. Ma, per favore, facciamolo lasciando da parte pregiudizi e chiacchiere da bar.
Discussione su questo articolo