Ve lo ricordate Nicola Di Girolamo, lo "schiavo" di Mokbel, il senatore del PdL eletto all’estero – ripartizione Europa – finito in gabbia perché accusato, fra l’altro, di essere arrivato a Palazzo Madama grazie ai voti della ‘ndrangheta? Dopo che scoppiò il caso, vennero sollevati – per l’ennesima volta – molti dubbi sulla legge che regola il voto degli italiani nel mondo.
Silvio Berlusconi in persona, allora presidente del Consiglio, proprio in quei giorni fece questa dichiarazione: “Di Girolamo? Non lo conosco. Quel che è certo è che occorre cambiare la legge sul voto degli italiani all’estero”.
Sullo stesso punto si espresse il presidente del Senato, Renato Schifani: la legge che riguarda il voto all’estero “va immediatamente cambiata”. E precisò: “Il voto per corrispondenza è uno scandalo e consente tipologie di attività illecite come l’acquisizione del voto addirittura pagandolo: dobbiamo immediatamente procedere a una rivisitazione". E ancora, sempre Schifani: “Bisogna procedere immediatamente a una rivisitazione del voto per corrispondenza e affermare delle regole, anche attraverso le stesse autorità di polizia estere, che garantiscano la residenza del candidato".
Disse la sua anche l’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti: “Noi abbiamo detto per primi, dopo le politiche del 2006, che nelle elezioni degli italiani all’estero è avvenuto di tutto e di più”.
Ed ecco ciò che disse allora il presidente dei senatori PdL, Maurizio Gasparri: “Urge rivedere nell’insieme il sistema elettorale all’estero, revisione che si rende indispensabile perchè evidentemente quella legge non ha funzionato e va quindi corretta”. “Il sistema delle preferenze, che si usa all’estero e non Italia, è talmente ampio – ha osservato Gasparri – che le possibilità di controllo su eventuali infiltrazioni mafiose possono creare rischi molto forti; io credo quindi che si debba rivedere quella legge elettorale, senza per questo negare la rappresentanza degli italiani all’estero in Parlamento”. Alla prossima tornata elettorale “voglio capire chi si occuperà della selezione dei candidati, e tutto ciò perchè trovo intollerabile come si è proceduto la volta scorsa”.
Gli fece eco Fabrizio Cicchitto, capogruppo PdL alla Camera, anche lui convinto del fatto che la legge sul sistema elettorale all’estero dovesse essere rivista.
Ed ecco l’opinione che allora espresse Pier Ferdinando Casini: “Bisogna rivedere la normativa in senso garantista per evitare rischi di manipolazione dei voti”, disse il leader Udc.
Anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini, si espresse a favore di una revisione della legge.
Fra le diverse altre voci, quella del segretario del Pri, Francesco Nucara: “Il voto degli italiani all’estero andrebbe abolito, perché non controllabile. Se non lo si vuole abolire perlomeno si impedisca il voto per corrispondenza”.
Ora, anche solo parlare di abolire il voto all’estero è una vera e propria ingiustizia. Gli italiani nel mondo sentono il desiderio di partecipare al destino del proprio Paese e quindi hanno tutto il diritto di esprimere il proprio voto. E’ anche vero, però, che non sono pochi i connazionali che, al contrario, dell’Italia se ne fregano: vuoi perché ormai lontani geograficamente e mentalmente, vuoi perché si sentono più tedeschi, o argentini o australiani che italiani, vuoi perché a loro l’Italia ha dato poco o nulla. Per questi e mille altri motivi, esistono – inutile negarlo – connazionali che nelle Politiche del 2006 e del 2008 hanno venduto il proprio voto al maggior offerente.
Ma le dichiarazioni dei vari politici e rappresentanti delle istituzioni che qui abbiamo voluto riportare, rappresentano secondo noi il modo migliore per ricordare ancora una volta che il voto all’estero, così com’è, è di fatto un bluff: non sappiamo se il registro degli elettori, la stampa delle schede in Italia, il voto elettronico e altre possibili soluzioni alternative, possano davvero migliorare le cose. Queste sono decisioni che spettano alla politica. Ma quando è la politica a dimenticare, quando è la politica a contraddire se stessa, allora ecco che i nostri rappresentanti non sono più credibili. Perché dire, tutti in coro, che la legge sul voto all’estero va migliorata con urgenza, e poi non fare nulla, è una presa per i fondelli nei confronti degli italiani tutti, di quelli residenti in Italia e di quelli che vivono oltre confine.
Siano gli eletti all’estero a continuare a battere i pugni sul tavolo, siano loro a continuare a farsi sentire: perché se non lo fanno loro, che sono coloro che noi italiani nel mondo abbiamo inviato in Parlamento, chi dovrebbe farlo? Ah, dite che i 18 parlamentari “stranieri” contano nei Palazzi Romani quanto un due di coppe quando la briscola è bastoni? Per un momento, ce n’eravamo dimenticati…
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