A Melbourne, in occasione dei lavori della Commissione continentale per i Paesi anglofoni extra-europei del CGIE, si è avuto un importante momento di confronto politico.
Significativo, intanto, per il momento che attraversiamo, un momento in cui le divisioni, la creazione di muri e barriere rischiano di farci arretrare rispetto a parametri di civiltà conquistati con anni di impegno civile e politico: sul terreno della cittadinanza, dei diritti civili e politici, della tutela del lavoro, della mobilità. Il riferimento più diretto è alla Brexit, ma si potrebbero considerare anche altre realtà che, come il Venezuela, vivono una profonda crisi politica e istituzionale, oppure regioni in crisi di identità o impegnate a chiedere, con determinazione crescente, maggiore autonomia, come la Catalogna, il Veneto, la Lombardia. Si può pensare anche all’Australia, che mette in discussione tutta la sfera della cittadinanza e dei visti, riducendo mobilità e capacità di integrazione.
La risposta a tutto questo non può essere populistica. La classe politica e dirigente, globalmente, ha bisogno di idee e proposte nuove, capaci di determinare un equilibrio ragionevole tra maggiore sicurezza e pieno rispetto dei diritti civili, di assicurare processi di integrazione in grado di allontanare i mali dell’isolamento, del razzismo, della incomprensione. Occorre in sostanza avere una visione della società del futuro che, deformata dalle paure, rischia di essere costruita unicamente sulle ragioni del controllo.
In questo contesto ci siamo noi: una comunità stabile, composta da tante belle persone arrivate negli anni dell’emigrazione di massa e oggi integrate, una comunità in movimento, fatta di giovani italo-australiani che si muovono nel mondo. Una comunità in crescita con i nuovi arrivi, che portano la ricchezza della loro diverse professionalità e della loro capacità di lavoro. Una comunità più forte per la presenza di imprese, impegnate nei grandi progetti infrastrutturali e di medie e piccole aziende che veicolano prodotti e tecnologie in tutti i settori, da quello eno-gastronomico a quello della produzione industriale. E ci sono poi le istituzioni comunitarie, quelle di rappresentanza e quelle di servizio, che vanno valorizzate, protette, rafforzate. Mai indebolire le rappresentanze, le istituzioni, a partire da quelle di base.
I lavori di questa Commissione continentale anglofona ci hanno dato l’opportunità di rafforzare proprio la nostra capacità di analisi.
È indispensabile, prima di tutto, rinnovare la nostra proposta politica ed organizzativa. Rafforzare proprio la nostra capacità di analisi. È sicuramente utile ipotizzare momenti di confronto, ma dobbiamo tener conto delle esigenze di una presenza nel mondo che chiede aperture, non chiusure.
Alcuni parlano di una nuova Conferenza, altri di “Stati generali per gli italiani nel mondo”, altri ancora di ripetere momenti di un passato, remoto o prossimo che sia, in cui abbiamo specificato, e talvolta frammentato, le nostre esigenze in base al genere, all’età anagrafica, alle motivazioni dello stare insieme, al fare impresa, al vivere in associazione, alla tutela dei diritti o all’azione di promozione. In realtà, la suddivisione tematica rischia di diluire e annebbiare la visione d’insieme.
Per una nitida visione d’insieme, abbiamo bisogno innanzitutto della politica.
Sì, della politica. Lo dico in un momento di grande divisione tra i partiti e anche internamente ai partiti. Lo dico perché proprio il CGIE deve dialogare di più con i partiti ed evitare che le forze politiche giochino strane “partite” sugli italiani all’estero. Abbiamo bisogno, infatti, di una visione d’insieme che garantisca la parità di trattamento, la parità di opportunità, la parità di esercizio dei diritti democratici e di cittadinanza. Su questi e altri contenuti gli organismi di rappresentanza, Com.It.Es. e C.G.I.E. in prima linea, saranno utili strumenti di conoscenza, comprensione e progettazione politica verso i partiti e verso le istituzioni, Governo e Parlamento.
Quali sono le prospettive per il futuro e come lavorare su un programma condiviso da porre all’attenzione delle istituzioni e delle forze politiche? Il metodo è molto importante. Non abbiamo tempo e voglia di altre conferenze, dividendoci nuovamente in categorie, o di ripercorrere vecchie strade e modelli superati di partecipazione. Abbiamo bisogno di consultazioni di base, aperte e rapide. Di proposte concrete che arrivino dalla base. E di ascolto.
Partiremo dalla prossima legge finanziaria: molte delle proposte arrivano dalla base. Non possiamo ripetere un’altra esperienza negativa come quella della legge elettorale e delle modifiche alla legge 459 del 2001, modifiche risultate alla fine quelle che nessuno voleva, mentre le proposte di riforma sono state accantonate, o peggio, ignorate.
Ecco, se riuniamo e organizziamo le nostre forze, possiamo far ripartire da questa fase complessa e talvolta critica di fine legislatura, sia per la politica dei partiti che per quella delle istituzioni comunitarie, una nuova stagione di crescita e di rinnovamento.
On. Marco Fedi*
*deputato Pd eletto all’estero e residente in Australia
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