Onorevole Sottosegretario,
Le giungano, innanzitutto, le più vive felicitazioni per la Sua nomina a Sottosegretario degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Riteniamo opportuno e doveroso renderLa partecipe, in questo Suo nuovo ruolo politico, di alcune nostre riflessioni su argomenti che tangono da vicino il futuro umano e professionale degli iscritti al Sindacato Confsal Unsa Esteri.
Chiediamo la Sua comprensione per aver scelto di rivolgerci a Lei usando “una lettera aperta”, ma riteniamo giusto coinvolgere in queste nostre riflessioni non solo gli aderenti alla Confsal Unsa Esteri, bensì anche i numerosissimi simpatizzanti e sostenitori che vivono e lavorano oltre i confini del nostro Paese.
Il nostro Coordinamento conta il maggior numero d’iscritti tra le sigle sindacali attive presso il MAECI.
La maggioranza dei nostri aderenti lavora all’estero presso le nostre Rappresentanze diplomatiche, consolari, Istituti Italiani di cultura e, in gran parte, vi risiede stabilmente con una biografia simile a quella di tutti gli altri italiani che hanno lasciato il Paese per motivi di lavoro.
Sono le quotidiane osservazioni e sollecitazioni di questi iscritti che fanno del nostro Sindacato un osservatorio attento e perennemente aggiornato sulle realtà italiane all’estero, realtà che riguardano le situazioni di fronte e dietro gli sportelli dei consolati, delle ambasciate e degli istituti di cultura.
Si tratta di osservazioni non prive di preoccupazioni, anche alla luce dei gravi disagi cui sono sottoposti i nostri colleghi, al quotidiano servizio di una collettività italiana all’estero in crescente aumento. Disagi che ormai perdurano da quasi un decennio, ovvero da quando, con un colpo di spugna, furono chiuse ben 37 sedi estere sotto il Diktat della Spending Review.
Ora non si parla più di Spending Review, ma fu la sua maldestra gestione e applicazione, fino alla sua imposizione, a fare maturare nel nostro Paese il cambiamento radicale delle scelte elettorali che ha portato alla costituzione di un governo composto da nuove compagini politiche.
Otto anni fa, infatti, la Commissione Spending Review indicava al Parlamento che “Essa (leggasi la rete consolare) va necessariamente rafforzata in quelle aree geografiche dove aumenta la presenza di nostri connazionali e dove aumentano gli interessi italiani (di sicurezza, economico-commerciali, linguistico-culturali) e modulata nelle aree dove tali interessi e la nostra presenza sono in diminuzione, o dove ormai agiscono meccanismi comuni di tutela del cittadino (come nell’area UE), o dove il processo di integrazione nelle realtà locali appare ormai maturo”.
Contrariamente a queste indicazioni, i governi che si sono succeduti in questi anni hanno indebolito la rete consolare. E lo hanno fatto proprio in quell’area UE dove aumenta la presenza dei nostri connazionali, con il Regno Unito e la Germania tra i primi Paesi di nuova emigrazione.
Per quanto concerne il richiamo di allora a “meccanismi comuni di tutela del cittadino” in ambito dell’Unione Europea, è sotto gli occhi di tutti che era ed è rimasto un’illusione. Anche la previsione dell’integrazione dei nuovi emigrati nelle società di accoglimento si è rivelata solo una chimera che voleva rendere superflue le nostre presenze consolari.
Infatti, integrato o non integrato, ogni nostro connazionale, all’interno dell’Unione Europea, deve per forza recarsi al proprio consolato per ottenere un documento di riconoscimento, per esercitare il diritto al voto attivo e passivo, per potersi sposare, per registrare il proprio matrimonio o la nascita di un figlio.
Ma non saremo certo noi a ostacolare un necessario alleggerimento delle nostre strutture all’estero. E non saremo noi a ostacolare l’ammodernamento della nostra rete consolare, anche grazie all’impiego di nuove e più efficienti tecnologie.
Siamo però stanchi di leggere entusiastici annunci d’innovazioni tecnologiche mirate all’informatizzazione e alla dematerializzazione dei servizi consolari. Con periodica enfasi siamo passati dal “Totem” del Senatore Mantica, da subito dismesso nei ripostigli del Mae, al Servizio Consolare Online – SECOLI – fino ad arrivare alla catastrofe del “Prenota Online”.
Annunci che hanno fatto colpo sull’opinione pubblica, ma che sono restati privi di seguiti concreti con l’incertezza sui modi di applicazione e, soprattutto, falsi poiché accompagnati dal continuo assottigliamento delle risorse (sia umane che finanziarie) con le quali i consolati sarebbero potuti essere veramente rimodernati.
Le lamentele dei connazionali sulle mancanze nei servizi consolari sono giustificate (vedi la pagina Facebook su Londra). Il rapporto tra impiegati e utenti è nettamente a sfavore di uno svolgimento dei servizi sereno e fluido. In parole povere: siamo in pochi, stanchi, sopraffatti e nemmeno noi, che ogni giorno in quelle sedi estere oggetto di critiche prendiamo servizio, riusciamo a fare ”nozze con i fichi secchi”.
Gli impiegati della rete consolare fungono ormai da anni da parafulmini, da “capri espiatori”, per le ire – spesso giustificate – di utenti esasperati.
Qualche giorno fa, nella nostra lettera di congratulazioni al neo Ministro Moavero Milanesi, asserivamo che la riorganizzazione della rete consolare è impellente e che da anni chiediamo la creazione di unità periferiche, vicine alle nostre collettività all’estero, unità realizzabili a costo zero con l’ausilio delle Autorità dei Paesi ospitanti, soprattutto in ambito UE.
I nuovi flussi migratori comprendono anche connazionali giovani e altamente qualificati. Ebbene, anche questi giovani, che cercano un futuro oltre i confini dell’Italia, fungendo peraltro da valvola di sfogo di un mercato del lavoro incapace di assorbirli al proprio interno, non possono rischiare di trovarsi davanti alle porte chiuse delle loro Rappresentanze consolari e diplomatiche.
A Lei, gentile Sottosegretario, segnaliamo altresì l’inadeguatezza, ormai ampiamente comprovata, dell’impiego di Consoli onorari nei centri di vecchia e nuova emigrazione.
Le chiediamo un intervento forte sui dirigenti, capi di uffici consolari, che in taluni casi mostrano scarsa sensibilità verso il loro dovere di realizzazione del benessere organizzativo sul posto di lavoro, ora più che mai necessario in sedi sotto assalto di connazionali assillati da mille bisogni dettati dalla vita di lavoratore all’estero.
Le chiediamo di contribuire a cambiare la filosofia dell’esistenza dei consolati, che dovrebbero tornare ad essere postazioni di difesa e di tutela delle collettività italiane, con personale ben preparato grazie ad adeguate misure formative, al fine di fare fronte alle vecchie e alle nuove esigenze della nostra italianità all’estero.
E’ ora di rivedere il ruolo di consoli fino ad ora impegnati prevalentemente nella cosiddetta difesa dell’immagine del Paese sotto forma dell’ennesima “ settimana della cucina italiana” o “serata del libro italiano” o “pomeriggio della scienza italiana”. Insomma, i connazionali hanno bisogno all’estero di servizi veloci ed efficienti, di tutela e di sostegno, tutto il resto è delegabile. I servizi dello Stato non lo sono. La pubblicità della pasta e dei pomodori pelati torni ad essere competenza diretta di chi pasta e pomodori pelati produce, e lasciamo che la promozione dell’ultimo libro venga effettuata da chi i libri li stampa e li vende con legittimo guadagno.
Su questi argomenti Le saremmo grati per ogni forma di dialogo da noi fortemente auspicato.
Le auguriamo buon lavoro e una mano felice nella difficile gestione delle esigenze degli italiani all’estero, con la promessa di una collaborazione sindacale costruttiva e leale.
Voglia ricevere i nostri migliori saluti,
CONFSAL UNSA COORDINAMENTO ESTERI