Il Re è morto. Viva il Re! Quell’esperimento della Circoscrizione Estero, con quel sistema elettivo, suddiviso per Rappresentanti d’Area, fu concepito per un alto scopo sentimentale patriottico, ma si rivelò subito solo una inconsistente fucina di poltrone votanti che ha procurato più danno che beneficio all’idea della difesa dei valori e del costume italiano nel mondo.
Il tutto era nato per merito dell’entusiasmo romantico e tradizionalista del grande Mirko Tremaglia, sostenitore dei valori di identità nazionale e dell’italianità nel mondo, primo ex “repubblichino” a ricoprire la carica di Ministro della Repubblica italiana. Il suo lungo e costante impegno politico verso le genti d’Italia residenti all’estero, lo ha portato, infatti, a ricoprire, finalmente, l’incarico di “Ministro per gli italiani nel mondo” dal 2001 al 2006, sotto il Governo Berlusconi, che ne aveva riconosciuto e valorizzato i grandi meriti di aggregazione affettiva.
Alle elezioni del 2006 si concretizzò la modifica costituzionale voluta, appunto, da Tremaglia, riservando 12 seggi per la Camera dei Deputati e 6 per il Senato, a favore di quei parlamentari che avrebbero dovuto rappresentare la totalità dei territori del mondo, nei quali sussiste una presenza italiana. Quell’anno andarono a votare all’estero molti più italiani che in passato e si pensò che, finalmente, si sarebbe risolto l’annoso problema dell’abbandono degli italiani all’estero, da parte della Madre Patria. Ma quel boom elettorale andava letto in maniera diversa. Prima del cambiamento costituzionale, infatti, i cittadini residenti all’estero potevano esercitare il diritto di voto solo recandosi nei propri comuni italiani. La legge Tremaglia, pur mantenendo questa possibilità, ha istituito il voto postale tramite i Consolati nei paesi di residenza, facilitando enormemente la possibilità di votare ovunque.
Nel concetto iniziale, pertanto, questi 18 parlamentari avrebbero dovuto rappresentare un nucleo di portatori di istanze degli italiani all’estero, ma l’inghippo esploso subito dopo, si manifestò proprio in questa contraddizione: tutti i partiti hanno incamerato questi Onorevoli e Senatori nelle proprie file e li hanno trattati come generici Rappresentanti del popolo italiano, come quelli di Canicattì o di Castelfranco Veneto, cioè come numeri per votare le proprie leggi – italiane – molto più importanti (così sono viste a Roma) delle problematiche dell’emigrante a Buenos Aires, dell’industriale a Pechino, o del giornalino italiano al Cairo. Ma chissenefrega – pensano – se (come ho testimoniato) l’Ambasciata a Madrid (non a Bombay) resta chiusa nel week-end ed è lasciata in mano a guardiani spagnoli che non parlano neanche una parola d’italiano! In tutta Europa (non parlo della Tanzania) nelle TV d’albergo non c’è un telegiornale in italiano. I giornali in lingua italiana all’estero, sono visti solo come un regalino che si fa alla comunità italiana locale per parlare della munnezza di Napoli, e non come un mezzo di propaganda turistica, commerciale, imprenditoriale, culturale italiana. In pratica le istanze “estere” sono già dissolte all’inizio, in quanto già frantumate dall’appartenenza degli onorevoli esteri, a quello o quell’altro partito politico. Non sono, in sintesi, una entità unita necessaria a richiamare l’attenzione nazionale! Sono diventati pedine.
Pertanto, ben venga una ristrutturazione dell’intero sistema, se si coprono queste malfunzioni congenite precostituite che offrono, tra l’altro, una enorme possibilità di inciuci ed intrallazzi pseudo-politici di qualche boss locale o di qualche Onorevole poco onorevole. Mantenendo il sistema elettivo per posta (come fanno quasi tutte le altre Nazioni) bisogna ricreare quello spirito iniziale del Ministero degli italiani all’estero, avvalendosi, come abbiamo ribadito fin dalle prime battute, di un Dipartimento Interministeriale che coordini le varie attività degli italiani all’estero, ma per davvero, e non per gioco politico improvvisato di qualche faccendiere interessato.
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